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#PapaCuba, all’arrivo di Benedetto XVI aumenta la repressione

Sulla parete pende un manifesto di Santa Rita da Cascia “abogada de lo imposible” (patrona dell’impossibile). Sedute in silenzio, tra gli altri fedeli, un gruppo di 35 “damas de blanco”, le donne che ogni domenica sfilano per protestare con il governo di Cuba per la liberazione dei loro mariti, fratelli e figli. Sono il volto più quieto della dissidenza al castrismo: nessuno sciopero della fame, nessun clamore. Ma ogni domenica, nel quartiere di Miramar, si ripete il rituale della loro sfilata silenziosa. E all’avvicinarsi della visita del Papa nell’isola cresce la preoccupazione delle autorità. Tanto più che, ormai, le “damas” danno appuntamento ai giornalisti di tutto il mondo via Twitter.
 
Già, il social network che ha fatto da collante alle manifestazioni della primavera araba è uno strumento di diffusione rapida per le informazioni del dissenso anche a Cuba, dove internet funziona sì e no. E fin dalla prima mattina alcune delle più note attiviste per i diritti dell`uomo rilanciano notizie, poco verificabili, di arresti e detenzioni. E poi danno appuntamento davanti la chiesa di Santa Rita, nello splendido quartiere delle ambasciate.
 
Prima delle 10:30, orario di inizio della messa, cameramen, fotografi e cronisti sono già assiepati. Su Twitter si era diffusa la voce di una discreta presenza della polizia, ma non si vede, e comunque i giornalisti possono svolgere senza intralci il loro lavoro. La processione silenziosa finale sarà seguita da più giornalisti delle 35 signore in bianco. Loro sfilano con una maglietta bianca che raffigura la loro leader defunta di recente, Laura Pollan, tengono un ciclamino in mano, qualcuna mostra una foto di un “detenuto politico”. “Libertad, libertad por los presos politicos”, urlano alla fine. La loro portavoce, Berta Soler, affronta poi un crocchio di giornalisti. E torna a chiedere di poter incontrare “per un minuto” il Papa durante il suo soggiorno cubano. Promettono che non faranno alcuna manifestazione, ma intendono partecipare alla messa di Benedetto XVI mercoledì. Denunciano che altre “damas” sono state fermate nelle loro case e non potranno esserci.
 
Durante la messa il prete, padre José Felix Pérez pronuncia un’omelia calibrata. Accoglie nella sua Chiesa le signore in bianco, è consapevole che c`è la stampa internazionale che lo ascolta, ma sembra caldeggiare un ruolo più pastorale che politico per la Chiesa quando sottolinea che il messaggio del Vangelo è “esattamente il contrario del potere e dell`arroganza”, e, pur rilevando il “malessere” quando in una società c`è “disumanizzazione”, mette in evidenza che la visita del Papa rappresenta l`occasione per aiutare le “coscienze” a conoscere la verità. Quanto all`anelito al cambiamento, sarebbe “un errore” attenderlo da fuori e non dal cuore di ogni uomo.
 
La Chiesa a Cuba non è monolitica. Se le “damas de blanco” criticano apertamente il Governo, e se in passato, prima della visita di Wojtyla nel 1989, la Chiesa è stata perseguitata duramente, negli ultimi anni i vertici ecclesiali, a partire dal cardinale Jaime Ortega dell`Avana, hanno preso una posizione più conciliante. Pronti a reclamare il diritto della libertà religiosa, attenti a cogliere le possibilità aperte da una transizione che rappresenta per la Chiesa una “primavera”, capaci di assumere il ruolo di mediatori nella complessa partita della liberazione dei detenuti politici. Col sostegno della Santa Sede, tanto che tre dei maggiorenti che accompagnano il Papa – il cardinale Bertone, il “ministro degli Esteri” Mamberti, il suo braccio destro Becciu – sono stati di recente a Cuba, l`ultimo come nunzio apostolico. Sulle “damas de blanco” Ortega non parla, ma dalla curia dell’Avana filtra una certa distanza. In passato, quando erano all`arresto i loro mariti e figli, Ortega è intervenuto. Ora che la signore protestano per la liberazione di ogni altro detenuto politico, la Chiesa si è smarcata. Tanto che sembra improbabile l`incontro invocato con il Papa.
La dissidenza, intanto, fa i conti. E li comunica via Twitter.
 
Gli attivisti segnalano una nota di Elizardo Sanchez Santa Cruz, presidente della Comisión Cubana de Derechos Humanos y Reconciliación Nacional (Ccdhrn). Nella nota sostiene che cento mendicanti “sono stati detenuti e internati” per evitare che siano visti. In vista della visita del Papa, inoltre, il governo “ha aumentato le sue azioni repressive e di intimidazione contro i dissidenti pacifici, soprattutto nella provincia di Santiago de Cuba” e altre regioni, dove negli ultimi quattro giorni sarebbero avvenute “70 detenzioni”, tra cui 15 “damas de blanco”.
 
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