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Corruzione, l’opacità normativa che fa male all’Italia

“Un sistema paese ben funzionante provvede naturalmente a creare delle barriere contro la corruzione, le frodi, le malversazioni e gli sprechi. Al contrario, laddove un’istituzione sia caratterizzata da leggi, codici di condotta, strumenti di rendicontazione inadeguati, la corruzione ha gioco facile ad infiltrarvisi, con conseguenze disastrose sull’economia del Paese e sulla sua crescita, sullo sviluppo sostenibile e la coesione sociale”.
 
Questa è parte della premessa contenuta nel rapporto sull´Italia “National Integrity System Assessment” elaborato da Transparency International e presentato lo scorso 30 Marzo a Milano. Il report ha come scopo principale la valutazione del sistema di integrità nazionale, effettuata attraverso un´approfondita analisi dei meccanismi messi in atto da diverse Istituzioni del Paese per prevenire e combattere la corruzione. L´obiettivo ultimo è quello di individuare le criticità maggiori ed elaborare delle raccomandazioni che possano guidare verso riforme concrete volte a migliorare la Governance del Paese. Il rapporto analizza 13 “pilastri”, tra cui Potere legislativo, l´Esecutivo, i Partiti. La valutazione di ciascuna istituzione avviene attraverso l´elaborazione di diversi indicatori, che riguardano: i) la Funzionalità di ciascuna istituzione, in termini di risorse a disposizione e indipendenza (in entrambi i casi sia dal punto di vista legale che dal punto di vista pratico); ii) la Governance, in termini di responsabilità, trasparenza ed integrità; iii) il Ruolo pratico ricoperto da ciascuna istituzione nella lotta contro la corruzione. I punteggi assegnati variano su una scala da 0 a 100, dove 0 rappresenta il minimo e quindi una valutazione estremamente negativa, mentre 100 è indice di una valutazione eccellente.
 
Ovviamente si potrebbe discutere a lungo di ciascun pilastro e di ciascuna valutazione e forse è quello che faremo in prossimi articoli; tuttavia, ciò che ha immediatamente colpito la mia attenzione, è stato il richiamo ad una questione in qualche modo già sottolineata da Marta Fana e Giacomo Gabbuti in precedenti articoli, e che nel report viene riassunta con l´espressione opacità normativa. Riporto testualmente le parole usate dal Transparency: “In molti dei pilastri valutati, si è riscontrato un sistema normativo sovrabbondante, frammentario, contraddittorio, opinabile (…). In alcuni casi le leggi presentano ampi margini di incertezza, sono formulate in maniera poco chiara (…). In alcuni pilastri è apparso come norme importanti (ad es. di rilevanza penale) sono nate in modo controverso, andando ad incidere su situazioni in corso o oggetto di particolare conflitto o tensione (..). La semplificazione e razionalizzazione normativa è un obiettivo più volte promesso, ma ancora irrealizzato”.
 
Ecco allora che l´Italia viene di nuovo richiamata all´ordine: il nostro Paese non può pensare di sradicare la corruzione solo attraverso l´introduzione di una legge, se questa va ad inserirsi in una matassa che è già aggrovigliata da sé. Come già più volte sottolineato, la corruzione si infiltra e cresce nell´oscurità: nostro obiettivo primario dovrebbe essere quello di combatterla facendo luce, e non di nutrirla creando nuove zone d´ombra.
 
Veronica Marotta, studente del Master of Science in European Economy and Business Law presso L´Università degli studi di Roma Tor Vergata, dove ha conseguito la Laurea Triennale in Economia. E´ stata Junior Researcher nel progetto “Cultura dell´integrità nella Pubblica Amministrazione” della SSPA.


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