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Il punto di non ritorno

L’avvento dei tecnici è una rivoluzione sia sul piano politico sia su quello del linguaggio e del rapporto con i cittadini. Il valore politico del governo Monti si può riassumere in alcuni concetti. Il primo è la chiarezza dei messaggi. Suona banale, ma presuppone la capacità di saper individuare il terreno di scontro e confronto con l’opinione pubblica e delimitarne i confini. Il governo Monti ha interpretato in modo chiaro e netto la sua missione, anche sul piano semantico. “Fare chiarezza” è stato il lapidario leitmotiv seguito alla “barocca” gestione berlusconiana, paradossalmente anch’essa nata dall’esigenza di rompere con un vecchio linguaggio della politica per poi saldarsi con la dirompenza icastica dei codici leghisti e franare, infine, in una tragica autoreferenzialità degna della peggiore politica.
 
Frana mediatica dettata non solo dalle liti fra i componenti del governo. Il peccato mortale fu l’autoreferenzialità dell’ex presidente del Consiglio, che rese popolare il conflitto d’interessi rendendolo percepibile e plastico per ogni italiano. I problemi dell’imprenditore Berlusconi, del padre di famiglia Berlusconi, dell’uomo Berlusconi presentati come problemi degli italiani che, come s’è visto, avevano ben altro cui pensare. E il banco è saltato su questo punto. In più, non sempre a ragione, nell’immaginario collettivo si è sedimentata la convinzione che il governo Berlusconi screditasse gli italiani, ovvero l’orgoglio del superuomo ha ferito il popolo italiano proprio sul punto che si era prefisso di valorizzare. La chiarezza dei tecnici nasce da questo enjambement.
 
Tema succulento sarebbe quello dell’incapacità della sinistra di capitalizzare il tracollo valoriale berlusconiano. Tuttavia qui il tema è squisitamente linguistico, è il rilancio della sincerità, del “pane al pane, siamo sull’orlo del baratro, diciamocelo”. È così che Monti, tecnico-padre, ha responsabilizzato i bizzosi e indisciplinati italiani imponendo loro l’autocritica, non proprio il nostro forte. Berlusconi non era mai autocritico, né su di sé né sugli italiani. Monti ha capovolto la semantica arcoriana, con l’autocritica àncora di salvezza e riscatto. Solo la socratica consapevolezza di un’imminente finis mundi può mutare l’iconografia dell’italiano “eterno bimbo viziato”.
 
La sberla salutare, insomma! Ma non era vincente proprio la sincerità del Berlusconi grande comunicatore che arriva al cuore degli italiani? In parte sì, il meccanismo si è impallato perché il cuore degli italiani era da tempo inondato da incertezze sociali ed economiche e lui si è avviluppato nella spirale tragicomica del sesso e dei festini, distanziandosi dalla realtà come una Maria Antonietta o un’Imelda Marcos preoccupata per le sue scarpe. Insomma la sincerità dei tecnici non è solo un linguaggio scelto da Monti (in cui l’autoironia viene sapientemente dosata), ma una metafora di responsabilizzazione: ti copro di tasse, ma ti faccio intravedere l’uscita. Gli italiani, per quanto possa sembrare incredibile alla luce della recente logica berlusconiana, hanno accettato.
 
Altro errore capitale di Berlusconi: sottovalutare gli italiani, giudicarli più “cialtroni” di quanto siano. Sottovalutare il nostro pragmatico “spirito contadino” che, quando siamo stati di fronte a situazioni estreme, in tante occasioni ci ha salvato, quel côté che ci rende eroici nostro malgrado. Berlusconi non ha capito che quest’Italia era ancora viva e non ha saputo come parlarle, come servirsene.
 
Altro cardine di Monti è la trasparenza. Valore profetico, alla luce degli scandali che stanno travolgendo i partiti. Trasparenza declinata in azioni simboliche molto forti e mass market. Divulgazione dei redditi, trasparenza nei ministeri, lotta alle consorterie. Berlusconi ne aveva intuito l’urgenza e il ministro Brunetta aveva tentato di dar vita a un sistema “etico” berlusconiano. I tecnici lo hanno sistematizzato e reso credibile dosandone le fasi. Non è un caso che i redditi dei ministri (per lo più di origine privata) siano stati pubblicati pochi giorni prima di quelli dei boiardi di Stato. Si chiama strategia o, meglio, spin.
 
Veniamo alle riflessioni finali. Ovvero che un ritorno alla politica partitica, almeno al momento e forse dopo il 2013, è escluso. L’impronta dei tecnici durerà a lungo e, sul piano del linguaggio, manterrà i suoi effetti. Se i partiti pensano di impostare l’agenda sullo stile pre-Monti hanno già segnato il proprio suicidio. Dovranno uscire dall’infantilismo, dall’autoreferenzialità, contaminarsi dello stile montiano con credibilità. Ma come fare, nel pieno di una potenziale nuova Tangentopoli? Il primo consiglio è: facce nuove. Berlusconi l’ha capito, ha scelto un segretario giovane ed energico, mentre la sinistra è incartata su figure di indubbia levatura come Bersani ma, francamente, poco adatte a rappresentare il cambiamento.
 
Il politico post-Monti dovrà ricostruire la propria autorevolezza diventando testimonial (mi si perdoni questo termine pubblicitario) della propria politica. Per capirci, lo scandalo del caso Lusi non sta nel fatto che Rutelli abbia travasato o meno finanziamenti della Margherita all’Api, bensì nell’entità dei finanziamenti e nel fatto che non servono direttamente ai cittadini. La politica non può teorizzare un nuovo corso e poi rifiutarsi di dare risposte, venendo meno al patto di responsabilizzazione di Monti. E i responsabilizzati devono essere due: i politici e gli elettori. Per non incorrere in una débacle l’autocritica del sistema partitico dovrà essere radicale perché, se il patto dovesse venir meno, si apriranno incognite pericolose e non è detto che poi si riesca a rimediare all’eventuale default politico.
 
Nei rapporti coi mezzi di comunicazione la politica dovrà sottoporsi a un vero auto da fé. Strategia già sperimentata da Blair nella sua seconda elezione: esporsi a rimostranze e insulti dei propri elettori per riconquistarne la fiducia. Percorso rischioso, a mio avviso indispensabile per tornare credibili, in cui il web avrà un ruolo centrale. Non è un caso che i politici siano arretrati nell’approccio alla rete. Sfuggono un confronto diretto… e, lo sappiamo bene, senza dialettica non c’è riscatto. Solo dalle ceneri della vecchia politica può nascerne una nuova.
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