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È tempo di rivincita. Che l’Italia si (ri)armi e combatta

Cosa porta una crisi di questa proporzione? Che reazioni si scatenano nei paesi sconfitti da un rivale più forte? O nei paesi esposti anche alla sola minaccia o al solo rischio di essere sconfitti, di vedersi espropriati di precedenti livelli di benessere, di essere relegati ad un dominio esterno, sia esso culturale, economico o … militare?
 
Guardando al passato possiamo forse darci risposte.
 
Lo fa l’economista francese Aghion (ora consigliere di Hollande) di Harvard con altri due colleghi, Persson e Rouzet. Che hanno avuto l’eccellente idea di vedere come hanno reagito nel passato grandi paesi a fronte di sconfitte militari o alla minaccia di queste.
 
Ebbene la risposta è affascinante.
 
Con il riarmo.
 
Sì il riarmo dei cervelli. Dei giovani.
 
Sì, con un prepotente ritorno dell’istruzione di massa per recuperare unità culturale, conoscenza, forza vitale.
 
Lo studio è una sofisticata analisi statistica, ma preceduta da 3 casi di studio affascinanti. Quello prussiano, giapponese e francese del XIX° secolo.
 
La Prussia nel 1803 registra questa frase del re Federico Guglielmo III : “i figli della classe lavoratrice non devono divenire maestri, né dirigenti pubblici, né matematici, né professori di religione. Devono apprendere a leggere la Bibbia e gli inni, a scrivere e fare di conto per quanto coerente con le loro limitatezze, ad amare e temere Dio ed a comportarsi di conseguenza.”
 
Bastano 3 anni per cambiare tutto. Nel 1806, dopo l’umiliante sconfitta di Jena, egli richiede al Barone von Stein di guidare un nuovo Ministero votato al miglioramento delle istituzioni per rendere la Prussia vitale e forte come la Francia. L’idea chiave della riforma, dice Stein, è quella di “accrescere nella nazione uno spirito morale, religioso e patriottico, di instillarvi nuovamente coraggio, fiducia, disponibilità al sacrificio per l’indipendenza dallo straniero …”
 
Stein chiama von Humboldt a dirigere la cultura. E le sue riforme avranno un impatto duraturo: delle generazioni nate prima del 1801, 16.8% della popolazione maschile era analfabeta, contro il 2,9% di 40 anni dopo. Fino al 1880 la Prussia divenne la nazione leader quanto a istruzione primaria conseguita.
 
Una storia simile, ma l’articolo va letto per intero e si legge con enorme piacere ed emozione, è quella della Francia del dopo Sedan nel 1870.
 
I francesi dell’epoca ritenevano che la Francia “avesse trascurato la formazione intellettuale, in particolare le scienze” e che la Prussia avesse trionfato per la superiorità delle sue celebrate università (si diceva che l’Università di Berlino fosse la rivincita prussiana per … la sconfitta di Iena).
 
Eugene Weber sulla modernizzazione della Francia agricola tra il 1870 ed il 1914 parla di un paese altamente disintegrato, con una popolazione ampiamente analfabeta, che parlava una molteplicità di dialetti e senza alcun senso di unità nazionale, e che doveva diventare un popolo unito, con un patriottismo condiviso, una lingua parlata e scritta, un insieme di principi morali, ed una abilità e motivazione per difendere la Francia da futuri conflitti.
 
Anche qui il processo di riforma verso l’istruzione di massa ha un suo eroe: Jules Ferry, Ministro dell’Istruzione dal 1879.
 
Come nel Giappone che si occidentalizza per far fronte alla minaccia … occidentale con una a volte anche brutale riforma verso l’obbligo dell’istruzione per le masse.
 
Ingenti risorse vennero destinate, da questi Paesi superati e minacciati dalla storia e dal Nemico, agli investimenti nella scuola dell’obbligo. E rinacquero prepotentemente.
 
Eccoci ad oggi. All’Italia che sta uscendo con le ossa rotte da una lotta impari con chi in capitale umano e formazione ha investito ben più di noi, noi miseri ultimi in Europa con il 15% di laureati tra i 30-35 anni, la metà dei tedeschi, un terzo dei francesi.
 
Siamo come quelle economie che nel XIX° secolo erano indebolite, semi-sconfitte, vicine al collasso a causa di un rivale troppo più forte. E nel mondo globale di oggi la guerra non si fa più con i cannoni ma con le intelligenze. Non c’è più bisogno di cannoni. Basta sapere per prevalere. Ma non una elite che sappia. Un popolo che sappia. Sappia inventare, innovare, dirigere, credere con fiducia nel domani perché pensa di poterlo governare con le idee.
 
Che si esca o meno dall’euro, è tempo di cominciare a costruire con le nostre forze la nostra rivincita. Con orgoglio, e risorse, la nuova alfabetizzazione di massa passa per l’università. Armiamola di risorse, qualità e apertura a tutti ed andiamo a ridarci quella fiducia nel domani che solo la forza può darci. La forza del sapere che ci permetterà di poter competere da pari a pari.
 
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