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Eterno ritorno delle coppie di fatto

Sinceramente, la motivazione per cui ciclicamente – in media, ogni due anni – si torna ad affrontare a livello politico la questione delle coppie di fatto resta per me un mistero incomprensibile, una di quelle iatture che non hanno eguali.
 
Questa volta ci ha pensato niente meno che il segretario del PD Pierluigi Bersani. Noncurante dei gravi problemi che segnano il passo alla coalizione di centrosinistra e a tutto il Paese, ha deciso qualche giorno fa di inviare un messaggio ai promotori del gay pride 2012: “Non è accettabile che in Italia non si sia ancora introdotta una legge che faccia uscire dal far west le convivenze stabili tra omosessuali, conferendo loro dignità sociale e presidio giuridico”.
 
Non c’è che dire. E non stupisce che Grillini e Vendola abbiano innalzato grida di giubilo per quella che appare, al di là della poco opportuna boutade, la peggiore riproposizione della foto di Vasto, ossia dell’alleanza del PD con IDV e con le forze radicali di sinistra.
Ora, tralasciando le motivazioni vere, quelle di contenuto, per cui non si può essere assolutamente d’accordo su un’equiparazione tra l’impegno civile matrimoniale di un uomo e una donna e altre forme di convivenza legale tra individui, essendo per definizione solo la prima in grado di generare nuova vita umana, aspetto ovviamente trascurato da Bersani; mi chiedo se con tutti i problemi politici che il PD ha in casa, al pari degli altri partiti, sia veramente intelligente infilarsi di nuovo in una querelle che ha portato già alla spaccatura e al fallimento dell’esperienza politica di Romano Prodi.
 
I problemi relativi ai diritti umani fondamentali, in primis il diritto alla vita e quello a sostenere l’istituto della famiglia stabile e prolifica, non sono questioni politiche. Sono temi che hanno un’incidenza antropologica ed etica superiore, perché riguardano la persona umana nella sua essenza, delineando i tratti salienti del modo in cui per natura si scandiscono le tappe fondamentali della vita.
E’ proprio vero che i politici stentano oggi a capire come sono le cose e come ragiona la gente. Che significato può avere, altrimenti, un’espressione come quella utilizzata da Marsilia D’Amico, secondo cui si devono difendere “diritti per tutti senza alcuna distinzione”?
 
E’, infatti, semplicemente una sciocchezza. I diritti individuali sono la base stessa dei sistemi liberali, e nessuno li mette in discussione, e non esiste alcuna possibilità che essi siano calpestati in questo momento in Europa. Il diritto familiare, invece, è molto più importante, perché non è un’estensione o applicazione dei diritti individuali, ma un diritto di altro genere, che segna il passaggio ad un nuovo soggetto naturale e sociale che trascende l’individuo, inglobandone in sé la realizzazione. La famiglia è il riconoscimento di uno status sociale particolare che determina la generazione di nuove vite umane, nonché l’intrinseca possibilità di una loro educazione, affidata, appunto, ad un padre e ad una madre che stabilmente s’impegnano a stare insieme. Abbiamo a che fare con l’origine e il fine della società, con la base della vita umana, con la condizione di possibilità della saldezza psicologica di ogni essere umano. Il rapporto d’amore coniugale è, non a caso, proprio quel fondamento esistenziale di rapporti che, sorretto dal patto matrimoniale, permette l’acquisizione dei doveri e la pratica della donazione di sé, essendo, oltretutto, l’unico soggetto valido per la generazione e la risuscita educativa dei bambini.
 
Mi stupisce veramente che la preoccupazione della sinistra sia assurdamente indirizzata a difendere e sostenere, in modo velleitario, dei privilegi individuali che sono già ampiamente garantiti e non hanno alcuna incidenza politica nella costruzione del bene comune.
Io non penso, d’altra parte, che la politica della famiglia possa ergersi a politica unica tout court, per carità. Sono convinto, anzi, che se proprio non si voglia sostenere la famiglia, allora sia giusto considerarla materia estranea alla politica, e ci si occupi di risanare la finanza pubblica e di gestire magari un piano industriale serio e repentino per la ripresa dell’economia. Ma con la famiglia, in gioco c’è la persona, e non unicamente il costume e i sacrosanti diritti civili.
 
Pensare che ci sia ancora oggi, nella confusione che viviamo e sotto il peso fiscale dell’IMU, chi pensa di proporre il sostegno alle coppie di fatto mi sembra letteralmente incomprensibile, una scelta degna proprio di una classe politica priva di consapevolezza dei propri doveri e dei propri compiti. E’ giunto il momento che i politici si siano una svegliata. Non possono andare avanti a dirla tanto grossa quanto è necessario per farsi sentire da una minoranza di cui si vorrebbe strumentalmente carpire un consenso di parte momentaneo. Non è un ragionare da statisti, ma da poveri diavoli. E non si dica che questa è una questione di fede cattolica o di clericalismo. Sotto attacco è la volontà maggioritaria degli italiani, con la forma di vita associativa e naturale che sta al centro delle risorse economiche ed etiche del Paese.
Mi si scusi la durezza. Il resto non è nemmeno propaganda. E’ solo miseria.
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