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Nel segno di Bruxelles

Il dibattito sulle riforme costituzionali in Italia e su una nuova legge elettorale politica nazionale oscilla in qualche modo tra una pura e semplice indicazione per così dire nazionale, e una formale presa d’atto che occorre una
straordinaria novità politica con una propria specifica cultura di governo. Da un lato, le novità strutturali intervenute negli ultimi anni nel processo di integrazione europea, dall’altro, il processo di globalizzazione in atto impongono un nuovo soggetto politico che abbia sostanzialmente queste due coordinate di fondo. Dal primo punto di vista, occorre procedere a una rigorosa valutazione del significato complessivo del governo Monti, poiché non si tratta di un governo prodotto da una coalizione, ma di un pur necessario sostegno parlamentare al governo medesimo.
 
Se dunque si vuole che dopo Monti si continui nel senso delle iniziative assunte da questo governo, bisogna sostanzialmente operare nel senso di una fase ulteriore di integrazione europea, che come tale richiede anche all’Italia una rigorosa politica di bilancio, senza la quale non sarebbe possibile alcuna crescita.
Questo appare il significato profondo di una coerenza europeistica dopo il governo Monti, che richiede innanzitutto una ferrea volontà di proseguire in modo consapevole lungo la strada dell’integrazione europea, ben sapendo che tale coerenza comporta sacrifici, anche rilevanti, rispetto alle abitudini contratte dagli italiani nel corso di molti decenni.
 
Un soggetto politico nuovo pertanto non può né proseguire lungo la strada di una generica affermazione di progressismo, perché questa è stata tipica della filosofia della storia dell’Ottocento, né può fondarsi sulla sostituzione dell’immagine ai valori: non aver risolto questa questione di fondo è molto probabilmente all’origine del fallimento storico della pretesa bipolare di Pd e Pdl.
Occorre in particolare aver chiaramente presente il problema dei confini territoriali dell’Europa, sapendo che non è in questione soltanto l’adesione della Turchia o la natura europea o asiatica della Russia, ma anche la diversa articolazione territoriale dei tanti Stati nazionali europei che si sono costruiti secondo linee anche molto diverse le une dalle altre.
 
Oggi dunque non è sufficiente richiamarsi genericamente al riformismo, perché mai come oggi occorre addivenire ad una più precisa definizione di cosa si intende riformare, e perché.
In questo contesto, hanno progressivamente perduto significato le divisioni tradizionali in destra/centro/sinistra, proprio se esse hanno avuto in passato significati peraltro molto diversi da Stato a Stato, sono oggi sempre più poste in discussione come dimostrano i tanti tentativi di parlare di “terza via”. Si tratta infatti di distinzioni che hanno avuto senso in riferimento a ciascun Paese, ma non al processo di integrazione europea visto nel suo insieme.
 
La scelta europeistica peraltro da sola non può costituire una cultura di governo autosufficiente: occorre infatti affrontare in modo esplicito il tema dei valori. Vita e famiglia da un lato, economia sociale di mercato dall’altro, sono affermazioni che devono sorreggere una proposta di politica europeistica rispetto alla quale possono ovviamente esistere altre proposte e culture di governo che non abbiano come punto di riferimento gli stessi valori. Questo nuovo grande soggetto di governo a sfondo europeistico dovrebbe in particolare prendere atto del fatto che fino ad oggi esistono tre distinte manifestazioni del processo di integrazione europea: quella parlamentare; quella della commissione; quella dei capi degli Stati membri della Ue.
 
Un soggetto di governo che pretende di avere una rigorosa visione europeistica come punto di riferimento contemporaneo deve necessariamente affrontare il problema della coesistenza di questi tre punti di aggregazione europeistica, non identici gli uni rispetto agli altri. Sarebbe infatti molto riduttivo limitarsi a considerare europeistica la Commissione, lasciando il Parlamento europeo ad una dimensione quasi esclusivamente democratica, per vedere nel Consiglio europeo la pura e semplice sopravvivenza degli Stati membri della Ue.
 
Valori costitutivi di fondo identificati pertanto nella difesa della vita, nella promozione della famiglia e nella riaffermazione orgogliosa di uno sviluppo economico socialmente compatibile, come nel caso di una necessaria rivisitazione dell’economia sociale di mercato, consentirebbero a questo ipotetico nuovo soggetto politico di far partecipare l’Europa tutta da protagonista al processo di globalizzazione in atto. Se infatti questo processo richiede dimensioni territoriali ampie, come nel caso degli Usa, della Cina, dell’India, della Russia e del Brasile, l’Europa così considerata avrebbe le dimensioni necessarie per partecipare a questa competizione tra grandi soggetti. Ma le specificità anche italiane concorrerebbero al processo di integrazione europea proprio per far affermare quali europei – anche se necessariamente adeguati – i valori di fondo posti a fondamento del nuovo soggetto politico italiano.
 
Integrazione europea da un lato e globalizzazione mondiale dall’altro sono infatti le due grandi novità che un soggetto politico che pretende di avere cultura di governo dovrebbe possedere. Si tratta in sostanza di saper collocare insieme identità e governo, ben sapendo che l’una e l’altro hanno avuto ed hanno grandi difficoltà a convivere. Dobbiamo infatti registrare una continua tentazione di spingere verso la rigorosa difesa della propria identità a scapito del partecipare, anche da protagonisti, ad una funzione di governo; o, all’opposto, alla tentazione di mettere del tutto da parte la propria identità per far prevalere come necessaria la funzione di governo.
 
Nell’un caso come nell’altro si rischia non di far nascere un nuovo soggetto politico di governo, ma di dar vita ad ipotesi in qualche modo di subordinazione coloniale, perché si finirebbe o con l’essere governati da identità diverse dalle nostre, o di veder affermare che le nostre identità non sono idonee al governo di realtà complesse come sono quelle con le quali si deve convivere oggi.

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