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Per crescere facciamo (bio)massa

Da molto tempo l’agricoltura italiana subisce la volatilità dei prezzi e un aumento consistente dei costi produttivi a danno della redditività. Il fenomeno, con diversi gradi di intensità, interessa tutta l’Europa che, si ricorda, è il principale importatore di derrate alimentari al mondo. Ciò comporta un forte rischio di competitività del sistema agroalimentare ed agroindustriale nel nostro continente e la difficoltà di disporre di scorte strategiche di commodities in caso di crisi internazionali.
Le grandi sfide dell’immediato futuro si concentrano sui temi dell’approvvigionamento alimentare e dell’approvvigionamento energetico. I due fattori limitanti sono, da un lato, la carenza di terre idonee alla coltivazione e la carenza di acqua, dall’altro il progressivo esaurimento delle riserve energetiche di origine fossile. I due fattori che regolano la domanda sono l’incremento costante della popolazione e il contemporaneo aumento del benessere in vaste aree del globo.
 
L’obiettivo dunque, nei tempi ravvicinati, è costituito dalla necessità di aumentare le rese produttive e di trovare adeguate risposte alternative sull’approvvigionamento energetico anche al fine di contrastare il crescente impatto sull’ambiente.
Questi semplici dati, di enorme impatto sul nostro futuro, ci debbono portare a riflettere sul valore dell’agricoltura come produttrice insostituibile di beni primari.
Ma il soggetto dell’agricoltura è l’uomo agricoltore-imprenditore, che deve ricercare un reddito dalla sua attività, sufficiente a garantire la continuità della sua azione e prospettive per i suoi figli.
 
Se l’attività tradizionale non si traduce in un ritorno reddituale il delicato meccanismo si inceppa e la terra viene abbandonata.
Cosicché l’imprenditore, pur mantenendo intatta la sua propensione alla produzione di beni primari per l’alimentazione, ha cercato di diversificare le sue attività per adattarsi al mercato. Dapprima con i prodotti innovativi (iv/v gamma), i prodotti salutistici, l’agriturismo, oggi anche con l’energia. Tutte attività complementari per integrare il reddito e preservare il patrimonio.
Dunque la creazione di una robusta filiera agroenergetica in Italia e in Europa consolida le interdipendenze con gli altri settori della economia e offre una risposta concreta al rischio di abbandono dei terreni.
 
Investire nel campo delle agroenergie, ed in particolare delle biomasse, serve a mettere l’agricoltura in regime di sicurezza economica in una ottica di salvaguardia ambientale grazie al bassissimo impatto inquinante di questo tipo di produzione energetica. Peraltro, sullo scenario delle filiere agroenergetiche, sono state manifestate alcune perplessità.
La prima concerne una presunta sottrazione di terra alle coltivazioni alimentari. Tale impostazione può essere facilmente contrastata con i dati obiettivi: per il biogas e per le biomasse il fabbisogno teorico di terra a regime è di 230mila ettari, pari all’1,8% della superficie agricola utilizzata. Si consideri poi che la produzione di biogas limita l’impatto che gli allevamenti provocherebbero sull’ambiente.
 
La seconda perplessità si concentra sui costi di incentivazione della filiera. Si può replicare che la spesa prevista per le rinnovabili al 2020 inciderà per il 10% sul costo complessivo di incentivazione della produzione nazionale di energia elettrica. Ma i benefici di ritorno per l’economia primaria, per l’ambiente, per la collettività saranno ben superiori all’investimento.
Dunque, incentivare la filiera agroenergetica significa promuovere investimenti importanti per il settore industriale nazionale e ancor più per quello agricolo.
Lo sviluppo delle filiere agroenergetiche nel nostro Paese presenta rilevanti benefici in termini di ricadute occupazionali nel comparto industriale e agricolo: con la creazione di circa 75mila nuovi posti di lavoro entro il 2020.
 
Non investire nel settore delle rinnovabili, avendo rinunciato alla opzione nucleare ed essendo fortemente dipendenti dall’approvvigionamento dall’estero a costi crescenti, sarebbe del tutto miope ed esporrebbe l’Italia ad un permanente ricatto energetico.
Il crescente dissesto idrogeologico dei nostri territori impone di creare condizioni di permanenza sugli stessi delle popolazioni rurali. Lo sviluppo delle fonti rinnovabili può costituire una indispensabile forma di integrazione reddituale per gli operatori stabilizzandone l’attività a beneficio dell’intera collettività.
Si può concludere che l’utilizzo delle biomasse per la produzione energetica costituisce una vera e concreta opportunità. È uno dei settori che può concorrere a far ripartire l’economia della nostra Italia.


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