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In mare aperto. Ma senza squali

I sistemi aperti sono vincenti. Offrono maggiore innovazione, valore e libertà di scelta ai consumatori e permettono di creare un ecosistema dinamico, redditizio e competitivo per le aziende.
Si tratta di una tesi controintuitiva, opposta a quelle più tradizionali secondo cui si può ottenere un vantaggio sostenibile sulla concorrenza creando un sistema chiuso, rendendolo famoso, quindi sfruttandolo al massimo per tutto il ciclo di vita del prodotto. Per questo secondo approccio, le aziende dovrebbero “intrappolare” i clienti per tenere fuori la concorrenza.
 
Un esempio sono le aziende produttrici di rasoi che mettono sul mercato rasoi economici e lame costose. Un sistema chiuso gestito correttamente è in grado di generare un notevole profitto e buoni prodotti nel breve termine. Alla fine però l’innovazione in un sistema chiuso tende a essere al massimo incrementale (un rasoio a quattro lame è davvero tanto migliore di un rasoio a tre lame?), dato che tutto è finalizzato al mantenimento dello status quo.
 
I sistemi aperti sono l’opposto. Sono competitivi e molto più dinamici. In un sistema aperto, un vantaggio sulla concorrenza si ottiene grazie a una comprensione dei movimenti del sistema migliore di quella di chiunque altro e generando quindi prodotti migliori e più innovativi. L’azienda di successo in un sistema aperto è sia un rapido innovatore sia un esperto leader; è il valore del suo marchio ad attirare i clienti e la rapida e continua innovazione a provvedere alla loro fidelizzazione. Se pertanto si intende espandere un intero settore il più possibile, i sistemi aperti trionfano sui sistemi chiusi. Ed è esattamente quello che stiamo cercando di fare con Internet.
 
L’impegno di Google verso i sistemi aperti non è altruistico. Si tratta piuttosto di un buon business, dato che un ambiente Internet aperto crea un flusso continuo di innovazioni che attira gli utenti e consente l’espansione dell’intero settore. La definizione di “aperto” inizia con le tecnologie alla base della nascita di Internet: standard aperti e software open source. È proprio su uno standard aperto (il famoso Tcp/Ip) che si sono basati Vint Cerf e i suoi colleghi nel 1974 per consentire il collegamento a Internet delle numerose reti di computer che si erano formate negli Stati Uniti. Non conoscendo esattamente il numero delle reti, “Internet” doveva essere un ambiente aperto. È grazie allo standard aperto Tcp/Ip che svariate centinaia di milioni di terminali possono essere oggi collegati a Internet. I prodotti di Google per gli sviluppatori sono basati su standard aperti perché l’interoperabilità è un elemento critico nella scelta dell’utente.
 
Dove possibile, utilizziamo gli standard aperti esistenti. Se non ce ne sono, cerchiamo di crearli. Se gli standard esistenti non sono soddisfacenti, lavoriamo per migliorarli e rendere tali miglioramenti il più possibile semplici e ben documentati. La maggior parte delle applicazioni web è
creata su software open source, che ha condotto allo sviluppo di quelle componenti soft-ware sofisticate (Linux, Apache, Ssh e altre) su cui si basa Google. Utilizziamo decine di milioni di righe di codice open source per l’esecuzione dei nostri prodotti. Ma ricambiamo anche il favore: siamo il principale contributore di open source al mondo, con oltre 800 progetti per un totale di oltre 20 milioni di righe di codice. Tra i più famosi: Chrome e Android.
 
Queste attività non solo fanno sì che altri possano aiutarci a creare migliori prodotti, ma consentono anche ad altri di utilizzare il nostro software come base per i loro prodotti. La costituzione di standard aperti e dell’open source ha creato un web nel quale viene caricata regolarmente un’enorme quantità di informazioni personali (foto, contatti, aggiornamenti).
La quantità di informazioni condivise, e il fatto di poterle salvare per sempre, determina un problema pressoché inesistente alcuni anni fa: come trattare queste informazioni? Sebbene la disponibilità di una maggior quantità di dati personali online possa essere di beneficio per tutti, consentendo lo sviluppo di prodotti innovativi e migliori, la valuta più importante per chi opera sul web rimane la fiducia degli utenti.
 
Per ottenerla Google aderisce a tre principi fondamentali riguardanti l’informazione aperta: valore, trasparenza e controllo. Gli utenti debbono innanzitutto essere messi in grado di comprendere il valore che possono ottenere in cambio delle informazioni fornite online. In secondo luogo è necessaria la massima trasparenza sul tipo di informazioni raccolte per ogni servizio disponibile online. Grazie alla Dashboard di Google, ad esempio, gli utenti possono vedere quali dati personali sono memorizzati per ciascun prodotto Google e definirne le impostazioni, o cancellarli. Infine, è necessario delegare il controllo all’utente: se gli utenti utilizzano i nostri prodotti per archiviare contenuti, questi contenuti appartengono a loro, non a noi. Devono essere in grado di esportarli o eliminarli in qualunque momento, senza alcun costo e nel modo più semplice possibile. È proprio per questo scopo che è nato il Data liberation front di Google, un team di ingegneri il cui scopo è rendere semplice il “trasporto” di tutti i dati di un utente fuori da Google.
 
Con Google takeout è possibile farlo con un unico clic. L’approccio del Data liberation front può sembrare controintuitivo per coloro che sono ancorati ad un approccio chiuso, volto ad “intrappolare” il cliente, ma se facciamo il nostro lavoro bene le cose cambieranno. Il nostro obiettivo è far sì che l’approccio “aperto” diventi lo standard. Le persone lo pretenderanno e si infurieranno quando non potranno ottenerlo. Quando l’approccio aperto diventerà intuitivo, vorrà dire che abbiamo colto nel segno.


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