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Se bastasse una Red Bull

Per citare Gramsci, ci troviamo ancora sospesi “fra un passato che non riesce a morire e un futuro che non riesce a nascere”. In questa condizione per nulla rassicurante dobbiamo affrontare quello che si presenta come un difficilissimo tornante storico. Possiamo farlo avendo la testa fuori dal finestrino a guardare il burrone che si fa sempre più vicino o possiamo restare con lo sguardo fermo e vigile sulla strada che abbiamo davanti.
 
L’Italia è indiscutibilmente uno dei migliori Paesi in cui vivere e l’Europa è un continente ricco e pacifico. È vero: nel grande riequilibrio globale abbiamo solo da perdere. Ma è altrettanto innegabile che il nostro è un vantaggio strategico e, se non reagiamo alla crisi in modo isterico come stiamo facendo, allora quel vantaggio potremo rinnovarlo, seppure in modi e forme diverse dal passato. Il nostro Paese, in particolare, non solo ha le carte in regola per salvarsi, ma potrebbe addirittura, con un’altra classe dirigente forse, avere l’orgoglio e la consapevolezza di sé per guidare la locomotiva Ue come e più della Germania. Quella che con efficacia negli Usa definiscono awareness, è una dote, ahinoi, che difettiamo così come, a differenza degli amici americani, noi non abbiamo la bandiera tricolore fuori o dentro le nostre abitazioni. La condivisione di un interesse nazionale sarebbe nelle nostre mani una grandissima arma per la crescita economica, oltre che culturale.
 
Se non saremo paragonabili a un’aquila, non lamentiamoci troppo se siamo accostati all’immagine metaforica di un calabrone, un animale dal corpo pesantissimo che tuttavia riesce a volare, quasi sfidando la forza di gravità. Noi, l’Italia, siamo proprio così come Giuseppe De Rita maestralmente ci aveva descritti. Al punto in cui siamo però dovremmo scegliere di dare più forza alle ali che ci consentono di volare e di togliere più peso al corpaccione che tende a farci cascare per terra. Riuscirci non è affatto impossibile. Basterebbe volerlo e soprattutto discernere fra ciò che porta su e quello che porta nella direzione opposta. Questo potrebbe essere anche un ottimo metodo per valutare le proposte politiche che saranno presentate alle prossime elezioni.
 
Sembra ancora molto lontano l’obiettivo di una offerta partitica dignitosa (per il momento siamo al trionfo del caos) ma non vi è dubbio che chi volesse scommettere sulle qualità dell’Italia e degli italiani, denunciando con altrettanta fermezza i suoi intollerabili difetti (l’evasione fiscale, tanto per dirne uno), potrebbe ottenere quel consenso oggi ancora nella libertà dell’astensione. La morte del passato e la nascita del futuro passa da noi molto più che dai podestà stranieri. Probabilmente da queste colonne ci era già capitato di segnalarlo. Non abbiamo cambiato idea. Anzi.
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