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La Bce parla troppo. Lo dicono anche gli uomini di Draghi

Non basta parlare; bisogna anche saper cosa dire. Lisandro, Atto quinto, scena 1, Sogno di una note di mezza estate, Shakespeare.
 
“It’s not enough to speak, but to speak true.” William Shakespeare, Midsummer Night’s Dream – Act 5, Scene 1.
 
È uscito un nuovo saggio nella collana dei lavori scientifici della Bce, la Banca centrale europea. Scritto da 4 ricercatori della Bce. Molto interessante. Si occupa di contare la percentuale di parole, nei discorsi pubblici dei massimi rappresentanti di 5 grandi Banche centrali – la Fed americana, la Bce, la Banca d’Inghilterra, la Banca centrale svedese, la Banca centrale giapponese – che riguardano la politica fiscale.
 
Avete capito bene: politica fiscale, non monetaria. Ora la politica monetaria è quello di cui le banche centrali si occupano. La politica fiscale è dominio dei governi. Quindi questi ricercatori misurano di fatto quanto si impiccia una banca centrale di affari strettamente non suoi.
 
In realtà la banca centrale, che cura spesso la stabilità dei prezzi, una motivazione per impicciarsi ce l’ha: se sale l’Iva salgono i prezzi, se scende la spesa pubblica cala il Pil e anche i prezzi, e così via. La politica fiscale certamente ha un impatto sulla politica monetaria e dunque è naturale che un Governatore di una banca centrale vi dedichi parte dei suoi discorsi. Anche se, notiamo en passant, anche la politica monetaria, con i suoi effetti su Pil, interessi e prezzi, influenza il bilancio dello Stato: ma in questo caso se un politico provasse a impicciarsi troppo della politica monetaria gli verrebbe subito rinfacciato di mettere a repentaglio l’indipendenza della Banca.
 
Ma andiamo oltre. Cosa scoprono i ricercatori della Bce? Che c’è una sola banca che si impiccia tantissimo di politica fiscale: già, proprio la Bce. E non è finita qui: mentre quando le altre banche parlano di politica fiscale lo fanno in maniera descrittiva (“positive”), la Bce lo fa in maniera prescrittiva (“normative”), ovvero dicendo ai governi cosa va fatto.
 
Ora parlo io. Il pericolo che emerge da questo stato delle cose è triplice: a) se il modello che usa la Bce per capire come funzionano i sistemi economici è sbagliato, i suoi consigli sono dannosi anche per la politica fiscale e non solo per la politica monetaria, nei limiti in cui questi consigli sono ascoltati; b) dato che la Bce ha per mandato solo la lotta contro l’inflazione, essa raccomanderà di usare la leva delle politica fiscale solo per non generare inflazione e non anche, come è normale che sia, per combattere le avversità del ciclo economico; c) la democrazia partecipativa, sempre nei limiti in cui questi consigli della Bce sono ascoltati, è mutilata in un campo in cui è sovrana: la politica fiscale.
 
Il resto del mondo ci insegna dunque che altre strade sono possibili per la condotta della politica monetaria senza che ciò metta a repentaglio l’economia mondiale e il benessere della nazione. La prima cosa che va dunque fatta, è accontentare la Bce che pare voglia parlare così tanto di cose di cui per mandato non si può impicciare: si cominci con il cambiare il mandato di questa e di, come per la Fed, incaricarla di gestire anche il ciclo economico, smussandone le asperità, non occupandosi più soltanto dei prezzi.
 
Certo non risolverà a) ma un minimo b) e c) sì. Sarà stato un piccolo passo per Draghi, ma un enorme salto per l’Europa.

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