Che dovesse essere Peer Steinbrück a ricevere l’investitura per poter sfidare Angela Merkel nelle elezioni del settembre 2013 era ormai scontato. Meno scontato era che tale investitura, formalmente ancora da convalidare da parte della dirigenza federale, fosse annunciata ai media proprio oggi.
Come è emerso dalla conferenza stampa, nessuno dei tre papabili in lizza per la Cancelleria era in grado di mantenere ancora a lungo riserbo e nervi saldi. Troppe e troppo insistenti erano diventate le domande dei giornalisti sulla scelta del candidato socialdemocratico. Resistere fino a dicembre avrebbe rischiato di logorare il partito e di regalare tempo e consenso alla signora Merkel. Di qui la scelta di stamane, anticipata, l’altro giorno, da una sorta di miniprogramma di governo di colui che è stato per quattro anni, dal 2005 al 2009, ministro delle Finanze dell’esecutivo di grande coalizione.
Solo mercoledì mattina, infatti, appariva sulle prime pagine di tutti i giornali tedeschi la notizia che Peer Steinbrück, a oggi semplice deputato al Bundestag, aveva dato alle stampe un documento contenente le proposte socialdemocratiche in materia di regolazione dei mercati finanziari. Il gesto, sembrato estemporaneo sulle prime, è in realtà spiegabile solo alla luce dell’investitura odierna. Steinbrück è pronto a lanciarsi nella prossima campagna elettorale con slogan popolari su temi in grado di ottenere un vasto consenso nell’elettorato di centrosinistra: separazione tra banche di investimento e banche commerciali; tassa sulle transazioni finanziarie; fondo per la ricapitalizzazione delle banche creato con denaro degli istituti di credito e così via.
Ad aver frenato a lungo sul nome di Steinbrück erano stati alcuni settori dell’Spd, in particolare quelli della corrente sinistra del partito, che non ne amano la spigolosità e il rigorismo eccessivi. A sinistra pochi dimenticano che Steinbrück, da ministro, fu tra i principali fautori del pareggio di bilancio e strenuo difensore dell’Agenda 2010, il pacchetto di misure di razionalizzazione dello Stato sociale voluto dall’ex Cancelliere, Gerhard Schröder.
La sua candidatura, come quella di Frank-Walter Steinmeier nel 2009, si iscrive dunque nel solco della continuità riformista dell’Spd. In un momento in cui i tedeschi temono per le sorti del proprio benessere, riconquistato e difeso faticosamente a partire dalla metà degli anni 2000, neanche i socialdemocratici potevano insomma permettersi di scegliere una figura eccessivamente accondiscendente nei confronti dell’Europa. L’Italia è avvertita.