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Patto di famiglia? Pro piccoli imprenditori, non per il Cav

Serve un nuovo patto di famiglia all’insegna della flessibilità che consenta agli imprenditori di dare in mani affidabili e solide le sorti dell’azienda che hanno costituito. L’occasione per la riforma sarà la delega fiscale che dai prossimi giorni discuterà la Commissione Finanze della Camera dei deputati.
 
Quella di ammodernare il patto di famiglia è un’esigenza avvertita dal mondo imprenditoriale. È infatti nota la natura familiare di gran parte delle piccole e medie imprese e in taluni casi anche delle grandi imprese italiane.
 
Recenti stime di matrice bancaria evidenziano come circa il 68 per cento degli imprenditori abbia manifestato l´intenzione di lasciare la propria azienda a un familiare.
 
Ma a causa dell’assetto legislativo attuale le intenzioni non sono realizzate. Il patto di famiglia nasce al fine di agevolare tali trasferimenti consentendo all´imprenditore di trasferire in vita il bene produttivo a un suo discendente. Il codice civile impone che all´atto pubblico con cui viene stipulato il patto di famiglia devono partecipare tutti coloro che sarebbero legittimati al momento della stipula del patto, pena la nullità ad origine del contratto stesso.
 
Le proposte emendative che discuteremo a breve in Commissione affrontano questo problema assai serio, che crea grandi difficoltà alle piccole e medie imprese: ricordo, tra l’altro, come la disciplina del patto di famiglia sia stata oggetto tra l’altro di una storica battaglia della Confindustria del nord est.
 
Gli emendamenti riscriveranno il codice civile nelle norme su donazioni e patto di famiglia, istituto in vigore dal 2006 che consente a un imprenditore di trasferire le proprie aziende prima di morire ai discendenti pagando in denaro il controvalore agli altri eredi. Con le modifiche che discuteremo, non ci sarà più l´obbligo di sottoscrivere il patto con il coniuge e tutti gli altri eredi. Il patto, cioè, diventerà a discrezione di chi vuole far ereditare i propri beni.
 
Gli assegnatari dell’azienda, o delle partecipazioni societarie, dovranno liquidare gli altri legittimari che partecipano al contratto, ove questi non rinunzino in tutto o in parte dietro il pagamento di una somma.
 
Alla liquidazione dei non assegnatari potrà provvedere direttamente l’imprenditore o il titolare delle partecipazioni societarie.
 
All’apertura della successione, i legittimari sopravvenuti e gli altri legittimari che non abbiano partecipato al contratto possono chiedere ai beneficiari del contratto stesso unicamente il pagamento della somma prevista.
 
Come si vede, dunque, una norma erga omnes attesa da tempo dai piccoli e medi imprenditori italiani alle prese con la successione della guida dell’azienda e non una norma ad hoc come taluno ha criticato strumentalmente nelle scorse settimane menzionando il nome di Silvio Berlusconi.
 
 
Gianfranco Conte
Presidente della Commissione Finanze della Camera
 

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