Energia eolica per salvare l’Alcoa. L´azienda che consuma più energia elettrica in Italia potrebbe produrre il suo fabbisogno energetico a prezzi bassissimi, domando la potenza del vento con un aquilone speciale. Accolta tra entusiasmo e scetticismo, è la proposta al ministero dello Sviluppo economico fatta da Massimo Ippolito, presidente della Sequoia automation e presidente di Kite Gen, azienda leader dell´innovativa tecnologia eolica. Il progetto appare pretenzioso, ma il suo ideatore sembra pienamente convinto di avere in tasca la soluzione ai problemi della produzione di alluminio in Sardegna. “KiteGen è nato proprio per offrire una possibile alternativa al declino. Siamo infatti assolutamente certi di aver individuato la soluzione più potente e realistica per uscire dalle secche della recessione infinita”, dichiara Ippolito intervistato da QualEnergia.it.
Le stime e i dubbi
Le stime della KiteGen, ritengono che un aquilone da 150 mq di superficie, dovrebbe raggiungere i 30 Mw di potenza, ovvero 5 volte la più grande turbina offshore mai realizzata, con un fattore di capacità di circa 6.000 ore l’anno, il doppio dei migliori ottenibili a terra. Sono in molti però a pensare che le stime di potenza e di capacità fatte da Ippolito si ridimensioneranno molto, una volta che si passerà al mondo reale. Ma dato che il 90% del problema dell’Alcoa è rappresentato dal costo dell´energia, Ippolito propone in prima istanza di alimentarla con energia a basso costo. “La dimostrazione non è immettere energia in rete ma produrla a un costo concorrenziale anche con il carbone cinese, e il nostro focus ora è proprio l´industrializzazione delle macchine”, afferma il presidente della Sequoia automation.
Perché l’idea di Ippolito vincerebbe, secondo lui, su tutte le altre? “Le proposte alternative in campo per l’Alcoa sono continuare a sussidiarne l’elettricità con interventi miliardari a carico dei cittadini o bruciare il carbone solforoso del Sulcis, con la cattura della CO2. Conoscendo le tecniche del Ccs,(Carbon capture and storage) è sufficiente fare un bilancio energetico per scoprire che è una proposta che non sta in piedi, scientificamente ed economicamente”. Ecco la proposta: “Si investe inizialmente una parte minima del sussidio ‘superinterrompibilità’ in bolletta o delle somme fornite dai programmi europei per il contenimento delle emissioni, che attualmente sarebbero impiegate per la “soluzione” del carbone con Ccs. Con questi metteremo a punto il sistema basato su generatori eolici di alta quota che, gradualmente, potranno rifornire l’Alcoa di Portovesme di tutta l’energia di cui ha bisogno”.
Nonostante i dubbi del ministro Passera, un interesse reale sembra giungere da parte delle autorità locali e della stessa Alcoa americana. Come riporta Ippolito, il progetto ha speso circa 10 milioni per la fase di ricerca e brevettazione e ha coinvolto soggetti anche internazionali. Venti mila euro al mese, la cifra necessaria per mantenere i 24 brevetti nel mondo. Cinque milioni sono sopraggiunti da finanziamenti alla ricerca Europei, mentre ulteriori supporti sono arrivati da fondi privati invogliati da un apparente controvalore garantito dai brevetti.
Boicottaggio?
Ma niente aiuti pubblici. Questo il vero nodo della questione. E Ippolito parla perfino di boicottaggio: “Molti player del mondo dell’energia temono l’avvento della nostra tecnologia, che potrebbe mandare in pensione le loro, e ci boicottino con tutti i mezzi. E non solo i colossi dei fossili o del nucleare, ma anche certi operatori o associazioni delle rinnovabili”, lamenta Ippolito. “In Italia in molti hanno cercato di comprarci compresi player importanti – aggiunge il presidente di Kate Gen – ma solo per farci sparire e spianare la strada al nucleare. Molti stranieri, invece, si sono limitati a copiare le nostre tecnologie e testarle nei loro Paesi. Ma non andranno molto lontano, i nostri brevetti gli impediranno di commercializzarle”.