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I 25 anni di Registro.it

Un sito .it sta bene con tutto, recita un simpatico spot di Registro.it, l’anagrafe dei domini italiani che opera all’interno dell’Istituto di informatica e telematica del Consiglio nazionale delle ricerche. “Qualunque sia la tua attività – dice il messaggio promozionale dai connotati squisitamente made in Italy – un .it sta bene con tutto. Come in una slot machine in cui cambia tutto, ma resta il .it”.
In onore dei 25 anni del primo dominio internet targato ʻ.itʼ, è stato creato il sito www.registro25.it, dove alcuni testimonial raccontano perché hanno scelto il ʻ.itʼ: dal nuotatore Luca Marin alla surfista Alessandra Sensini, dalla Italdesign di Giorgetto Giugiaro all’Opera primaziale pisana, fino alla società Meridiana. “Il Cnr che gestisce i domini ‘.it’ da 25 anni – afferma Sensini – rappresenta l’eccellenza italiana, proprio come un atleta che rappresenta il suo paese alle Olimpiadi”.
 
Piccole imprese in rete
Le piccole-medie imprese rappresentano il tessuto economico-produttivo del nostro paese. Il .it per loro rappresenta un riconoscimento inequivocabile di italianità. Ma come usano internet le microimprese e come il suffisso .it ha aiutato la loro visibilità? Per capirlo, il Registro.it ha commissionato un’indagine. Svolta dall’Istituto Pragma nel periodo compreso tra febbraio-marzo 2012, l’indagine ha coinvolto 1.500 aziende rappresentative di 4.317.859 realtà imprenditoriali italiane.
Dai dati emerge che il 71% delle micro-imprese con un nome a dominio ha scelto il ʻ.itʼ. Il 77,2% del campione utilizza internet tutti i giorni e il 92,6% usa la posta elettronica. Il 21,4% usa la rete per l’e-commerce, soprattutto per gli acquisti online (14,5%). Solo il 62,7% delle aziende che usano il web ha però un proprio dominio e poco più del 9% è presente in Rete con più estensioni. Quale che sia la ‘targa’ scelta (.it, .com, .eu), gli intervistati dichiarano di avere registrato il proprio nome per motivi di ‘visibilitàʼ: “Farsi conoscere” (63%), usare “gli indirizzi di posta personalizzati” (38,6%) e per “attività di comunicazione” (14%).

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