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Il partito alieno

“La mia disposizione è a non candidarmi. Semmai posso candidarmi se il partito mi chiede di farlo”.
 
Con un´agile prova di equilibrismo verbale, D´Alema ha risposto alla domanda che tutto il popolo mutamente gli pone a proposito del suo futuro a Montecitorio. Facendoci sapere, in maniera inequivocabile, che forse si candida, o forse no. O per meglio dire, e al di là dell´apparenza delle parole usate, che lui sarebbe decisissimo a ricandidarsi, ma non esclude l´ipotesi che possano trascinarlo in catene per impedirgli l´insano gesto.
 
Certo, sarebbe stato più facile rispondere in maniera lineare, con un sì, o con un no, ma una simile banalità gli avrebbe rovinato il look. E quindi si è appellato al partito e pare quasi di sentire la P maiuscola nelle sue parole. Cosa che peraltro lo pone in buona compagnia, ultimamente è tutto un richiamare le decisioni del partito, nei dintorni del PD, ma non solo.
 
Come se poi “il partito” fosse un´entità aliena, un giudice ultimo e imparziale che separa il bene dal male e fa calare le sue decisioni inappellabili sulle teste degli umani. Come se di quel partito D´Alema non facesse parte, non fosse parte importante e influente. Sembra quasi di vederlo il signor partito, metà grigio burocrate e metà Carlo Conti, che si avvicina a un emozionato D´Alema e gli dice “per te Montecitorio… continua!”. Applausi, lacrime.

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