Ci sono poi altri tipi di bugie sui tassi di crescita dell’economia che meritano la nostra attenzione. Sono quelle che da sempre caratterizzano i documenti di finanza pubblica europea, specie da quando abbiamo scritto delle regole di limiti “costituzionali” legate al valore del PIL; come quelle di deficit e debito su prodotto interno lordo.
Ovviamente i governi europei hanno un incentivo in più sovrastimare questa statistica così importante: non solo per far bella figura sulla loro capacità di generare benessere, ma anche per evitare di mostrare conti pubblici che non obbediscono alle regole fissate a Bruxelles.
Quando poi arriva una recessione grave questi incentivi a “negare l’evidenza” diventano ancora più ovvi. E non è detto che siano cattive bugie, anzi.
Voi sapete che l’Italia nel 2012 era prevista crescere dell’1,2% secondo i documenti ufficiali del 2011. Ora sappiamo che (de)crescerà del circa 2,4%. Un errore di previsione del 3,6% non è nemmeno pensabile possa avvenire in così breve tempo. C’è del politico dietro di esso. Così come le stime attuali per il 2013, seppur negative, sono probabilmente rosee. Basta guardare al riassunto fatto dal centro studi di Confindustria dove si può vedere che Citigroup stima per l’anno prossimo una decrescita ben più ampia, attorno al 2,2%, dello 0,2% governativo.
Che la Commissione Europea non dica nulla al Governo Monti su questi scenari di PIL improbabilmente rosei significa solo che l’accordo è europeo e che in realtà tutti sanno benissimo che cosa significherebbe correggerle al ribasso: meno entrate, più deficit e più pressione politica (per esempio da parte della popolazione tedesca) per maggiore rigore e dunque maggiore austerità e decrescita nei paesi in crisi, aggravando la crisi. Già perché la follia è nota tutti che l’austerità è recessiva, ma non si può dire perché se lo dicessimo dovremmo anche ammettere che il contrario dell’austerità, l’espansione fiscale, è benefica per l’economia.
Quindi meno male che si menta: così non siamo obbligati a fare più austerità a causa delle idiotiche regole di politica economica che ci siamo dati.
E meno male che si menta anche per un altro motivo: ve lo immaginate cosa succederebbe se Monti andasse oggi in televisione e dicesse alle imprese italiane che la crescita 2013 non sarà del -0,2% ma, per esempio, del meno 1,5%? Quei pochi che vorrebbero ancora investire in Italia non lo farebbero più (“con questa economia? perché dovrei scommettere sul futuro?”), lanciando una nuova, l’ennesima, spirale perversa di dati pessimi, mancanza di fiducia, dati ancora peggiori ecc.
Sorge però a questo punto una innocente domanda: ma siamo sicuri che mentire sia sempre la strategia giusta? Non è che forse non sentendosi dire la verità la società rischia di non cercare mai la giusta soluzione? E non sarebbe meglio fare come fece Clinton, spiegare questi numeri alla popolazione? E non ne guadagneremmo il recupero di quello che in Europa ormai non abbiamo più, la credibilità dei numeri e dunque, in fondo, dei nostri Governi?