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Renzi risponde al (diviso) partito di Repubblica

Questione di spazi. Spesso quelli concessi alle repliche sono relegati in poche righe in posizioni marginali di pagina. Quella di Matteo Renzi alle dure critiche lanciate ieri dal fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari, ha preso invece forma di ampia intervista, in apertura di pagina e con richiamo in prima.
Legittimo quindi domandarsi se dietro un’apparente scelta editoriale del direttore di Repubblica, Ezio Mauro, non si celi una scelta di campo verso il sindaco rottamatore del Pd. Quella tra Scalfari e Renzi sembra infatti uno scontro tra vecchia e nuova idea di sinistra, tra vecchia e nuova idea della stessa politica.
 
Il fondatore di Repubblica nel suo consueto editoriale domenicale aveva scritto che lo sfidante di Bersani “politicamente è molto più di centrodestra che di centrosinistra. Se vincerà le primarie il Pd si sfascerà ma non perché se ne andrà D´Alema o Veltroni o Franceschini, ma perché se ne andranno tutti quelli che fin qui hanno votato Pd come partito riformista di centrosinistra”.
Tra cui lo stesso Scalfari che ricorda il suo pensiero politico:
“Io sono liberale di sinistra per mia formazione culturale. Ho votato per molti anni per il partito di Ugo La Malfa. Poi ho votato il Pci di Berlinguer, il Pds, i Ds e il Pd. Se i democratici andranno alle elezioni con Renzi candidato, io non voterò perché ci sarà stata una trasformazione antropologica nel Pd, analoga a quella che avvenne nel Partito socialista quando Craxi ne assunse la leadership, senza dire che Craxi aveva una visione politica mentre Renzi non pare che ne abbia alcuna salvo la rottamazione. Francamente è meno di niente”. Il Fondatore ha omesso, o forse solo dimenticato, di essere stato europarlamentare del Psi.
 
Nell’intervista odierna a Goffredo De Marchis, Renzi bolla come “confini ideologici del passato” le concezioni sulla sinistra del giornalista:
“Rispetto i giudizi di Scalfari. Ha fatto la storia del giornalismo. Continuerò a essere un suo lettore anche se lui non sarà mai un mio elettore. Però mi aspetterei da lui un approfondimento sui contenuti della mia campagna invece di un pregiudizio gratuito. E, ripeto, è ingeneroso non rendersi conto di quello che sta succedendo nel Paese: più partecipazione, più interesse, maggiore vicinanza tra la politica e la gente. Per me questo è un valore”.
E allo sfascio del Pd paventato da Scalfari e prima ancora da D’Alema in caso di sua vittoria, ´Matteo´ risponde:
“E´ un´ipotesi che ho sentito dire solo da loro due. Il Pd è anche casa mia, non ne uscirò mai, nemmeno se mi cacciano. Ma se vinco voglio fa rivivere il sogno del Partito democratico che non è nato per accordarsi con i partiti moderati, non è nato per fare patti elettorali con i Casini di turno ma per sconfiggerli. Semmai la questione è un´altra: io prometto lealtà se perdo, mi aspetto dal gruppo dirigente una parola di lealtà nel caso di una mia vittoria anziché agitare lo spauracchio di una possibile divisione”.
 
f.a.


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