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Sull’Ilva Renzi e Bersani parlino più chiaro

Nel suo road-show in Puglia nell’ultimo week-end Matteo Renzi ha esposto alcuni punti della sua piattaforma programmatica e, in particolare a Taranto, sulle complesse problematiche dell’inquinamento ha affermato che in città “per troppo tempo si sono rimandate le scelte” e che comunque in relazione alle questioni sollevate dal sequestro dell’area a caldo dell’Ilva, bisogna “coniugare difesa dell’ambiente e del lavoro”. A Brindisi – stando almeno ai resoconti stampa – non avrebbe fatto cenno ai nodi sul tappeto che riguardano, anche in questo caso, il rapporto fra un grande apparato industriale imperniato su industrie chimiche ed energetiche di big player come Eni, Enel, LyondellBasell, Exxon Mobil, Chemgas, Ipem e il loro impatto sull’ecosistema.
 
Due contesti industriali, quelli di Taranto e Brindisi, che sono, è opportuno ricordarlo, al servizio dell’economia nazionale data la rilevanza degli impianti che vi sono in esercizio – con le loro connessioni di filiera a siti produttivi in altre zone del Paese – e nei quali settori dell’estremismo ecologista locale da anni puntano a un depotenziamento produttivo, non escludendo persino, ed anzi auspicando, la dismissione sul medio periodo di alcuni stabilimenti (dall’Ilva alla centrale dell’Enel).
Di fronte a nodi tecnologici, economici e giuridici di estrema complessità che rimandano anche a vicende giudiziarie in corso nelle due città, i riferimenti del candidato premier Renzi là dove sono stati espressi, pur condivisibili in generale, sono apparsi tuttavia agli osservatori più attenti alquanto schematici, forse anche a causa del poco tempo disponibile per potervisi intrattenere.
 
Ma bisogna sapere che sui temi del rapporto fra alcune grandi industrie come Ilva a Taranto ed Enel a Brindisi – con i loro rilevantissimi livelli occupazionali, pari fra i due siti ad oltre 22.000 addetti fra diretti e indiretti – e i territori del loro insediamento non sono possibili, a parere di chi scrive, formule propagandistiche, silenzi o reticenti furbizie. Se il Pd e i suoi alleati stanno (meritoriamente) discutendo con i candidati alle primarie linee programmatiche forti per la prossima legislatura, allora bisognerà essere molto chiari, partendo dai nodi più scottanti già oggi sul tappeto che – nel caso di Taranto – riguardano il rapporto fra la nuova Aia, le prescrizioni dell’Autorità giudiziaria, la possibilità (da tutelarsi) per l’Ilva di garantire la produzione e l’occupazione, la compatibilità economico-finanziaria per il gruppo Riva dei massicci interventi da realizzarsi nel Siderurgico per elevarne l’ecosostenibilità, i possibili finanziamenti agevolati al riguardo della Bei, l’intervento della Ue mediante il Piano per l’acciaio, annunciato dal Commissario europeo all’Industria, Antonio Tajani.
 
A Taranto e Brindisi, peraltro, vi sono altri grandi presidi produttivi come la raffineria dell’Eni nel capoluogo ionico e il Petrolchimico della Versalis (ex Polimenri) sempre dell’Eni in quello adriatico. Sono impianti strategici per il Paese, anche perché alla raffineria di Taranto giunge il petrolio dalla Val d’Agri in Basilicata e dovrebbe arrivare dal 2015 anche quello dal bacino estrattivo di Tempa Rossa dalla stessa regione; ciò comporterà in città un investimento di oltre 350 milioni da parte dell’Eni per crearvi i serbatoi di stoccaggio e nuovi pontili di attracco nel porto. Ma proprio di recente il Consiglio Comunale – dopo che l’Amministrazione cittadina lo scorso anno aveva espresso parere favorevole, per quanto di sua competenza, al progetto – ha proposto all’unanimità di sospendere quel parere in attesa di approfondimenti sull’investimento in materia di impatto ambientale, quando invece tutto era stato già deciso nei mesi scorsi dalle Autorità competenti, ai sensi delle norme vigenti.
 
E che dire poi delle vicende autorizzative infinite del rigassificatore di Porto Empedocle dell’Enel e di quello a Priolo di Erg e Shell che proprio in questi giorni ha registrato il ritiro della Erg, sfiancata dai ritardi nelle relative autorizzazioni?
Come possiamo pensare di attrarre investimenti dall’estero, istituendo Desk Italia come ha fatto il governo, se poi in alcuni fra i maggiori poli industriali del Paese – a Taranto, a Brindisi, a Priolo – si intimano spegnimenti di impianti siderurgici a ciclo integrale, o si auspicano sequestri di nastri trasportatori di centrali a carbone, o si rallentano sino allo sfinimento e alla rinuncia da parte della British Gas investimenti nella rigassificazione? Allora, tutti i candidati alle primarie sono chiamati ad affermazioni chiare e inequivocabili al riguardo. Su questi temi – che hanno tuttavia valenza nazionale, pur dibattuti su alcuni territori meridionali – sono attese ora con grande interesse fra imprese e sindacati le approfondite riflessioni di Pierluigi Bersani, già stimato ministro dell’Industria, e quanto vorranno proporre al riguardo il presidente Nichi Vendola – di cui peraltro sono note le posizioni essendo Governatore della Puglia – e l’onorevole Bruno Tabacci.
 
Federico Pirro
Università di Bari, Centro Studi Confindustria Puglia

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