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Cari Giannino & Co., sull’euro non siete convincenti

Circolano dibattiti sulla Rete sui risparmi d’interessi ottenuti grazie all’euro durante la sua breve storia.
 
Se si dimostrasse che l’euro ha portato a molti risparmi, allora viva l’euro, non l’abbandoniamo. Se invece dimostrassimo come esigua tale cifra, allora che ci stiamo a fare?
 
 
Vi dico la mia. Prima sui fermatorideldeclino.
 
Calcolano cosa sarebbe successo senza l’euro basandosi sulla differenza dei tassi nominali tra Italia e Germania (circa 4%) del 1996, e trasportandola a tutti gli anni successivi dal 1996 a oggi. Ma la differenza di inflazione in quell’anno base (prendo i deflatori) era di circa il 4%. Siccome ovviamente i raffronti vanno fatti con i tassi reali e non nominali perché quel che conta è il costo reale del debito, siamo a giocare con ipotesi assurde. Se ifermatorideldeclino faranno così le finanziarie addio speranze.
 
Se l’Italia non fosse entrata nell’euro avrebbe svalutato? Chissà, forse l’orgoglio ferito ci avrebbe spinto a far meglio dell’euro. Comunque, anche se la liretta si fosse svalutata i tassi nominali sarebbero saliti verso l’alto così come l’inflazione, quindi non è chiaro cosa sarebbe successo ai tassi reali. Anzi, tenendoci una banca centrale tutta nostra come Gran Bretagna, Svezia ecc., magari i tassi non avrebbero sofferto per il pericolo di default, leggermente prezzato nei primi anni dell’euro anche all’Italia (30-40 punti base).
 
Poi su tutti e due i contendenti: ma se anche i tassi fossero scesi (saliti) grazie all’euro e generato meno (più) spesa per interessi perché dovremmo dire che stiamo meglio (peggio)? In fondo se i tassi scendono (salgono) le famiglie che detengono titoli di Stato stanno peggio (meglio) mentre i contribuenti stanno meglio (peggio). Dunque dire che il Paese sta meglio o peggio non ha senso, a meno che non si sposi la causa di detentori di titoli o dei contribuenti. E tutto questo per una semplicissima ragione: che gli interessi sono un mero trasferimento tra cittadini, con poco impatto sulla crescita di un paese.
 
Certo, se i pagamenti degli interessi vanno (come sono andati in parte) all’estero la cosa ha una qualche rilevanza, che va affrontata con un qualche rigore (vedi post su Krugman di qualche settimana fa). Ma non in questo ambito conflittuale: chi sono io per dire se la quota detenuta dagli investitori esteri sarebbe cresciuta o diminuita fuori dall’euro?
 
Certo è anche vero che la maggiore spesa per interessi genera maggiori tasse (o minori spese) e così facendo genera maggiori distorsioni nell’economia. Ma, ripeto, non mi sento proprio di dire che il differenziale reale tra tassi d’interessi sarebbe stato maggiore fuori dall’euro o così drammaticamente più alto come indicato dai fermatorideldeclino, quindi penso che la dimensione di queste distorsioni da un’eventuale uscita dall’euro potrebbe essere molto vicina allo zero.
Il che ovviamente se distrugge l’argomento dei fermatorideldeclino non risulta essere un punto a favore degli anti-euro. Semplicemente perché, appunto, la spesa per interessi conta poco per giudicare la bontà dell’euro.
 
Ma tutto ciò non rappresenta nulla di nuovo. E il povero euro se la deve ridere. Di nuovo.
 
L’euro si è sempre fatto le beffe degli economisti. Ai tempi degli anni 90, una schiera di economisti fece fior fiori di quattrini con consulenze tese a dimostrare l’enormità e l’importanza dei guadagni derivanti dall’abolizione dei costi di cambio valute. Quando leggevo quei lavori sorridevo sempre pensando a Mitterand e Kohl che ridevano a loro volta sotto i baffi (che non avevano), loro che avevano voluto l’euro per rafforzare l’Europa delle nazioni in una stretta politica sempre più forte, come ricorda Thomas Mayer nella sua bella lezione alla LSE. Altro che commissioni valutarie.
 
Così oggi mi viene da sorridere a pensare ai 700 o zero miliardi di interessi. Noccioline. L’euro è un meccanismo per forzarci a decidere se rimanere uniti al tavolo geopolitico o no per i prossimi 100 anni. E sta facendo bene il suo mestiere, mettendoci davanti alle nostre contraddizioni, le nostre diversità e le nostre essenziali peculiarità nazionali senza mitragliatrici o bombe. Sta a noi ora decidere se uscirne o rilanciare. Sapete poi bene come la penso su cosa farei io sul restare o uscire, ma questa è un’altra storia ancora.
 
Insomma, bravo euro, ma per ben altre ragioni che l’illusoria riduzione delle spese per interessi. E se vogliamo far fuori l’euro, per favore basta con la storia che non ci ha permesso di risparmiare un granché di interessi.
 
Gustavo Piga
 
(sintesi di un articolo che si può leggere nella versione completa su http://www.gustavopiga.it/)
 


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