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Come rimediare all´Italia che frana

Caro direttore,

il nostro Paese dà l´impressione di essere una frana. Gli eventi climatici che si stanno abbattendo su alcune regioni italiane sono sicuramente significativi ma non sono neppure estremi. L´uragano Sandy è lontano, per fortuna. Eppure le vittime ci sono, purtroppo. Si è trattato di tragiche fatalità ma anche, nel caso dei tre operai Enel inghiottiti mentre attraversavano un ponte in Toscana, di tragedie che possono e debbono essere evitate.

Ho la fortuna e l´onore di collaborare con un ministro, quello dell´Ambiente, che -lo posso testimoniare senza tema di smentita – è impegnato sin dal suo insediamento (363 giorni) nell´immaginare un Piano strategico per prevenire incidenti legati al dissesto idrogeologico del nostro territorio. Da molti mesi ha preparato un´analisi molto accurata dalla quale è derivata una indicazione precisa e cioè la necessità di investire 40 miliardi in 10 anni. Da molti mesi interviene per chiedere che venga rivisto il patto di stabilità dei Comuni, di quei Comuni virtuosi che hanno liquidità nelle loro casse e che non possono spenderla per curare il loro ecosistema per una regola burocratica in questo caso insensata. Quello di Clini, da quello che posso constatare con i miei occhi, è un esempio virtuoso ma anche il segno che neppure un buon ministro può ribaltare schemi che si sono sedimentati in Europa, nel Paese e negli enti locali.

Serve un impegno di lunga lena e, se posso permettermi, un impegno serio e costante da parte della politica. Capisco l´interesse dei partiti nei confronti della legge elettorale e rispetto questa loro priorità. Mi sia consentito però di gridare a bassa voce che così non va: l´Italia sta offrendo un´immagine desolante e desolata di sé.

Dobbiamo reagire con una cultura civica che non consiste solo nel chiedere posti in Parlamento (mi riferisco alla società civile, ovviamente) ma riprendere ad avere cura del nostro territorio, dedicandovi tempo e risorse. Senza rinunciare all´indignazione nei confronti di quanti si prestano a speculazioni che poi sono alla base di un dissesto che non è solo morale e finanziario ma intacca le viscere della terra che calpestiamo.

Cordialmente

Paolo Messa


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