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Finmeccanica, la difesa di Orsi

«Sa perché ho voluto che il nostro incontro avvenisse qui, in mezzo a satelliti in costruzione, telescopi siderali, chilometri di fili e gigantesche camere termiche per misurare le resistenze al calore? Perché voglio che un giornalista veda la vera Finmeccanica, non la grottesca rappresentazione che quotidianamente ne fanno i giornali italiani».
 
Sotto la cuffietta bianca e il lungo camice sterilizzato che ci hanno fatto indossare prima di accedere alle zone off limits del Centro integrazioni satelliti della Thales Alenia Space, si riconosce a stento il personaggio al centro di corruttele internazionali di cui si parla nei verbali depositati presso alcune procure e della cui rimozione dalla guida di Finmeccanica si sussurra un giorno sì e uno no.
 
Ascolta attento Giuseppe Orsi, quando il presidente e amministratore delegato di Thales Alenia, Luigi Pasquali, ci spiega finalità e missioni della decina di satelliti che gruppi di giovani ingegneri iperspecializzati stanno assemblando.
 
Il presidente e amministratore delegato di Finmeccanica ha da poco licenziato la relazione sui nove mesi del 2012: oltre 146 milioni di utile netto (90%), fatturato di 12,2 miliardi (1% a parità di perimetro).
 
Solo gli ordini hanno perso di ritmo, anche se 10,7 miliardi non sono pochi. «Viste le premesse – dice Orsi – non è andata male. Ma la strada è lunga».
 
Orsi, è però curioso che nelle 22 pagine della relazione sui nove mesi non si faccia cenno alle numerose indagini giudiziarie su Finmeccanica.
 
«Come ha detto lei, siamo solo alle indagini. E in questa fase è mio dovere fornire spiegazioni solo ai pubblici ministeri. Non vedo motivo per misurami con il processo mediatico che alcuni giornali hanno montato sudi me».
 
Ma ora sta rispondendo alle domande del Messaggero.
«Lo faccio per arginare i danni che questo polverone rischia di procurare a Finmeccanica e ai suoi 70 mila dipendenti nel mondo».
 
E come pensa di arginarli?
«Spiegando a chiare lettere che la Finmeccanica di oggi da questo punto di vista non ha nulla da spartire con quella di ieri. Qui in diciotto mesi abbiamo cambiato tanto».
 
Allude ai 54 dirigenti che sono stati accompagnati alla porta sotto la sua gestione?
«Non erano solo dirigenti. Quasi metà ricopriva posizioni apicali: presidenti, amministratori delegati, direttori generali. Ma abbiamo fatto bendi più».
 
Sembra quasi una rivoluzione.
«Lo è. Abbiamo ridotto le società italiane del gruppo da 51 a 40, ridimensionato il numero dei consiglieri di amministrazione da 261 a 194, sostituendo buona parte di loro con manager interni non retribuiti. Abbiamo anche raddoppiato il numero delle donne nei cda».
 
Che altro avete fatto?
«Dopo aver avviato e completato ben 220 audit su capogruppo e controllate, abbiamo rafforzato l´organismo di vigilanza previsto dalla legge 231. Inoltre, con l´introduzione di ulteriori 11 direttive che regolano le pratiche aziendali più delicate, pensiamo di avere chiuso ogni spazio di opacità. Abbiamo anche tagliato drasticamente le consulenze e le sponsorizzazioni: per queste ultime il budget 2013 sarà di 1,5 milioni, contro i 5,5 milioni del 2010».
 
Insomma, adesso è tutto pulito?
«Penso proprio di sì. Abbiamo sbarrato la strada alla corruzione. Qualunque anomalia salterebbe subito agli occhi».
 
Perché Lorenzo Borgogni l´ha trascinata nel gorgo del vecchio sistema Finmeccanica, collocandola nella sua mappa di relazioni politiche?
«Su di me quel signore ha raccontato solo bugie, creando danni enormi a tutto il gruppo».
 
Sono solo bugie? Lo quereli.
«I miei awocati stanno finalizzando le denunce, perché sono più d´una, con adeguata richiesta di danni».
 
Pensa che avesse motivi personali nei suoi confronti?
«Non credo. Penso piuttosto che avesse bisogno di trascinare tutti nel gorgo, di fare apparire che l´intera galassia Finmeccanica si reggeva su quei metodi. Probabilmente il suo obiettivo era dimostrare che così fan tutti, attenuando in tal modo le sue responsabilità».
 
Però i pm gli hanno creduto e qualche risultato è stato raggiunto. Lei del resto è ancora sottoposto a indagini per corruzione internazionale.
«Per quel che riguarda AgustaWestland, che ho gestito fino a prima di venire in Finmeccanica, posso dire con certezza che si è sempre agito in modo assolutamente corretto. Anche nel caso dei 12 elicotteri ordinati dall´India».
 
Sta dicendo che AgustaWestland non ha mai pagato tangenti?
«Tangenti mai, consulenti solo dove ammessi e nel pieno rispetto delle regole. Su questo argomento in Italia si fa molta confusione. Osi finge di non capire, con finalità sin troppo chiare».
 
Quindi la storia dei 51 milioni pagati per assicurarsi l´ordine da 560 milioni di euro è solo un´invenzione?
«Sì, assolutamente. E non c´è alcun riscontro alle cifre diffuse dai giornali. Ribadisco: in India, come altrove del resto, tutto si è svolto secondo le leggi italiane e indiane».
 
Abbiamo letto le rassicurazioni diffuse attraverso l´agenzia Reuters dal ministero della Difesa indiano circa la regolarità della gara. Basteranno a convincere i pm italiani?
«Per parte nostra abbiamo fornito tutta la documentazione necessaria per comprendere la dinamica dell´affare».
 
Qualche giorno fa i pm l´hanno convocata per chiarire il contenuto dell´ormai famosa intercettazione con Ettore Gotti Tedeschi sui debiti della signora Lisa Lowenstein, ex moglie del ministro Vittorio Grilli. Come andò davvero la cosa?
«Per carità, non parliamone più. Vorrei che su questa penosa vicenda di equivoci e gossip velenosi, perché di questo si tratta, calasse un pietoso silenzio. Del resto, tutti hanno smentito. Anche un audit interno».
 
India, Russia, Brasile sono le tre aree di nuovo sviluppo che lei aveva indicato quando assunse la guida di Finmeccanica. Non le sembra curioso che le tre principali indagini in corso riguardino commesse ricevute proprio da quei Paesi?
«Sono speculazioni sue, non entro nel merito. Certo sono curiose coincidenze».
 
Un paio di settimane fa ha dichiarato che non vede motivo per lasciare la guida di Finmeccanica. Ha però anche detto che qualora il Tesoro le chiedesse di fare un passo indietro, lei non esiterebbe.
«Confermo tutto, compreso il fatto che non vedo motivi per anticipare la scadenza del mio mandato, prevista con l´approvazione del bilancio 2013. In ogni caso, trovo molto corretto l´atteggiamento di vigile distacco che il governo ha assunto nei confronti di un´azienda certo strategica, ma pur sempre quotata e caratterizzata da un´azionariato diffuso». Si è parlato anche di un nuovo presidente di garanzia lasciando a lei la carica di amministratore. Nell´eventualità, sentirebbe sminuito il suo ruolo? «Per nulla. Un´azienda complessa come Finmeccanica ha bisogno di un presidente di garanzia che affianchi e sostenga il manager operativo. L´ho sempre pensato. Anche quando, su richiesta dell´azionista, ho accettato di rivestire la doppia carica». Gareggiare in giro per il mondo in questa situazione non deve essere facile. Quanto vi sostiene il governo? «Molto. L´intero governo ci sta sostenendo ovunque con grande efficacia e autorevolezza. Probabilmente è anche grazie a ciò se fino ad ora non abbiamo subito contraccolpi gravi per il polverone sollevato». Però questo governo non si è fatto scrupolo di tagliare i finanziamenti previsti dalla legge 808. «Su questo non ho ancora perso le speranze. Pensi che per ogni euro finanziato in base alla 808, Finmeccanica ne genera in media 10 di ricavi. Sarebbe un peccato». Pensa di avere più nemici dentro o fuori Finmeccanica? «Mi auguro di averli solo fuori».
 
Roma di sicuro non le è riconoscente. Lo scorso anno ha dovuto subire la chiusura della sede di rappresentanza di Alenia.C´era davvero bisogno di farlo?
«Era inevitabile. Nel quadro di una razionalizzazione, le funzioni di staff devono stare vicino alle fabbriche. D´altro canto, Roma vanta la maggiore concentrazione di dipendenti del gruppo: 7.500, che nel Lazio diventano 10 mila sul totale di 40 mila. Se a ciò si aggiunge che il quartier generale di Finmeccanica è ben piantato a Piazza Montegrappa, non si può dire che abbiamo violato la centralità di Roma».
 
Che cosa c´è di vero nella possibilità che il quartier generale venga spostato presso i centri di Via Tiburtina?
«Potrebbe essere una buona idea».
 
Osvaldo De Paolini


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