Seimilacinquecento persone in luogo delle 1600 attese, molti abiti grigi, tanti professionisti, un certo numero di giovani, sporadiche bandiere o cartelli, alcuni politici (Mario Baldassarri, Pierluigi Castagnetti e pochi altri), e una sola vera rock star, Luca Di Montezemolo. È lui a scaldare la platea e a dettare la linea più strettamente politica, a prendere gli applausi più convinti e a parlare concretamente di elezioni e del governo che verrà.
Giacca blu scuro, camicia celeste e cravatta blu elettrico, il presidente della Ferrari parla poco meno di un’ora, segue il testo del suo intervento ma ogni tanto va a braccio, verso la fine sembra quasi sul punto di restare senza voce, forse a causa dei ripetuti “mai più” quasi gridati quando parla di cosa ha fatto la politica italiana negli ultimi 20 anni. Fa attenzione a mostrarsi equidistante da destra e sinistra, trattate alla stessa stregua, giusto una tacca sopra chi pensa “solo a distruggere”, non rinuncia al suo mantra sul fare squadra e sul fare sistema, e non può mancare il riferimento al Cavallino rampante e alle sue macchine impegnate proprio in queste ore, cui per l’occasione affianca ripetutamente la metafora di stampo calcistico e di reminiscenze berlusconiane dello “scendere in campo”, anche se lui chissà se scende davvero e personalmente in campo.
E non si sottrae a chi è avido di sapere se intenda impegnarsi in prima persona, se si candidi alla guida oggi del Movimento parola ripetuta e certo non a caso e domani del governo, “non ho preteso nessun ruolo per impegnarmi i questo progetto, Monti può fare questo lavoro di ricostruzione, in Italia e in Europa, meglio di chiunque altro”.
Alla fine, dopo aver lui applaudito le tante persone venute oggi, scende dal palco scatenando la standing ovation e stringe la mano ai più vicini in prima fila, riservando bacio e abbraccio solo ad Alberto Bombassei, socio in affari con Montezemolo in diversi ambiti e in primi in Ntv. Poi ascolta un paio di interventi e si allontana per qualche minuto. Ma per chi cercava la rock star va bene così, anzi qualcuno lo aveva già preceduto e molti avevano abbandonato le poltrone per andare a seguire il resto sul maxischermo in cortile.
Guardando la platea, resta ancora la vaga impressione di un rassemblement politico che aspiri a essere popolare, ma che ancora non riesce a liberarsi di una certa aria elitaria. Ma forse per rimediare a questo c’è ancora tempo.