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Monti anno I, ecco i promossi e i bocciati

Mario Monti: 6,5

Per essere un premier tecnico si è sempre mosso con una prudenza da normale capo del governo politico. Riforme appena abbozzate e condizionate dalla sua “maggioranza multicolore”, a volte dai sindacati, spesso dal Quirinale, sempre dall’Europa.

Corrado Passera: 7

Avrebbe potuto dire: Non si può fare crescita senza risorse e tra mille veti, ma non l’ha fatto. Un punto d’onore, ma anche il principale limite.

Elsa Fornero: 5,5

Chi scrive twittò #elsaministro quando la professoressa ancora non era nemmeno menzionata nei retroscena sul nascente governo Monti. Ma delle sue teorie su una previdenza più equa e pro giovani nella sua riforma delle pensioni non c’è traccia. Serve solo a fare cassa e pagano, ancora una volta, le generazioni future. Inutile (forse dannosa) la riforma del lavoro.

Vittorio Grilli: 6

E’ il ministro più tecnico, nel senso che non ha fato un indirizzo proprio alla politica economica. Ha vigilato sui conti e si è fatto portavoce delle ragioni della Ragioneria. La sufficienza perché l’assalto alla diligenza, perlomeno, l’ha evitato.

Enzo Moavero: 7,5

Tecnico, con la testa a Bruxelles e il cuore in Italia. Europeista convinto, ma senza mai dimenticare gli interessi nazionali. Capace di distinguere le direttive buone (tipo pagamenti) dalle decisioni europee cattive (il blocco dei finanziamenti ai terremotati emiliani). Ma il vero banco di prova è quello del bilancio europeo

Filippo Patroni Griffi: 6

Era il lato buonista di Brunetta. Forse serviva qualcosa di più forte. Se le province non saranno cancellate né trasformate in enti intermedi senza struttura politica, lo si dovrà al governo tecnico.

Piero Giarda: 7,5

Si vede che avrebbe preferito un altro ministero (l´Economia) e sicuramente, lì, avrebbe fatto di più. Ottimo il suo lavoro per la spending review.

Andrea Riccardi: 6,5

Per essere un tecnico fa molta politica. A volte anche bene.

Francesco Profumo 5,5

Il concorsone è una soluzione vecchia per un problema antico. La scuola rimane una struttura al servizio degli insegnanti. La colpa non è solo sua, ma da un ministro tecnico ci si aspettano misure radicali e impopolari.

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