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Ecco cosa pensa il nuovo Segretario di Stato Usa

Il senatore John Kerry è stato per lungo tempo una delle voci più importanti del Partito Democratico in politica estera. Ha lavorato come presidente Commissione Esteri del Senato dal 2009 e, come candidato presidenziale del partito nel 2004, ha svolto un ruolo attivo nel dibattito sulle guerre in Iraq e Afghanistan.

Afghanistan

Il 4 settembre 2012 Kerry diceva che “quelli che dicono che bisogna avere un calendario sono controproducenti per i nostri sforzi in Afghanistan. La verità è che si tratta della guerra più lunga della nostra nazione. Abbiamo bisogno di dire al governo e alla gente dell’Afghanistan che il nostro attuale livello di coinvolgimento non continuerà indefinitamente. E’ anche utile notare – sottolineava Kerry – che una data certa per il ritiro ha avuto successo in Iraq”.

Siria

Sui rapporti con la Siria, sempre lo scorso 4 settembre, il senatore riteneva che sull’argomento “non c’è una risposta giusta, ma come abbiamo imparato con l’Iraq, ci potrebbe essere una risposta sbagliata rispetto a cosa fare dopo, portando a conseguenze disastrose. Non è chiaro cosa accadrà lì, ma in ogni caso gli Stati Uniti favoriranno tutti gli eventi finalizzati a creare delle condizioni politiche più stabili per la Siria, senza Bashar al-Assad”.

Minaccia nucleare iraniana

Durante un’audizione al Senato, lo scorso 28 marzo, Kerry diceva: “Per avere qualche possibilità di successo, abbiamo bisogno di un approccio diplomatico che dia spazio per respirare, senza permettere però all’Iran di guadagnare tempo e di trascinarci in un estenuante processo”.

Processo di pace Israelo-palestinese

Sui rapporti tra Israele e Palestina, il 4 marzo 2010 il senatore Kerry affermava che “la maggior parte degli israeliani e palestinesi devono ancora riconoscere che la soluzione con i due Stati resta l’unica praticabile e l’unica soluzione giusta. La demografia in Israele può prevedere una soluzione a due stati, se Israele vuole rimanere una democrazia. Gli israeliani però sono turbati da ciò che vedono come sforzi crescenti per delegittimare il loro stato in tutto il mondo.
Kerry ha però consegnato messaggi contrastanti sulla questione degli insediamenti. Il 14 marzo 2009, in un’audizione al Senato, diceva che gli Stati Uniti “non devono fare altro che dimostrare, più con le azioni che con le parole, la nostra serietà nel prendere in considerazione il congelamento degli insediamenti israeliani in Cisgiordania”. Il 12 aprile 2011 però ammette che era “contrario allo sforzo prolungato sugli insediamenti, perché non ho mai pensato che avrebbe funzionato e, in effetti, abbiamo sprecato un anno e mezzo su qualcosa che per una serie di motivi non era realizzabile”. Secondo Kerry “la chiave è ottenere la sicurezza e la definizione delle frontiere, e se ottieni la definizione delle frontiere hai risolto il problema degli insediamenti”.

L’intervento degli Stati Uniti nella primavera araba

“Quello che sta accadendo in Medio Oriente potrebbe essere il passaggio geostrategico più importante dalla caduta del muro di Berlino. Senza una soluzione dell’Onu o della Nato, il movimento pro-democrazia potrebbe essere schiacciato dal mondo arabo”, ha detto Kerry il 20 dicembre 2012.

Attacco alla missione degli Stati Uniti a Bengasi

“Bilanciando i nostri valori e i nostri interessi con i rischi connessi nel XXI secolo, la diplomazia risulta fondamentale sulle questioni sollevate dagli eventi di Bengasi – ha detto Kerry il 20 dicembre 2012 al Senato -. Parafrasando l’ambasciatore Ryan Crocker, dobbiamo convivere con la gestione del rischio, non con la copertura dei rischi. Ci sono però dei costi” ed è per questo che “dobbiamo onorare la memoria di Ambasciatore Stevens e degli altri che si sono profondamente impegnati per un forte ruolo americano nel mondo. Ecco perché era là fuori”.

Gli aiuti internazionali

Sempre lo stesso giorno, il senatore ha spiegato che raggiungere gli “obiettivi di politica estera non vuol dire spendere ma investire nella nostra sicurezza a lungo termine”, prestando attenzione a risparmiare le spese “di conflitti che non siamo riusciti a evitare”.

Cina

Sul rapporto con la Cina, Kerry ritiene il paese asiatico “un partner importante degli Stati Uniti. E’ anche uno dei principali investitori – dichiarava il 6 ottobre 2011 -“. Pertanto non bisogna “rompere questa relazione” ma “inviare un messaggio ai cinesi circa l’urgente necessità” di rafforzarlo. “Vogliamo un partenariato reciprocamente vantaggioso, un partner equo che pagherà i dividendi per entrambi i paesi, e credo che se ci ascoltiamo gli uni con gli altri, lavorando in buona fede, possiamo far sì che questo accada. Possiamo realizzare un quadro migliore di cooperazione che avrà benefici per la stabilità e le esigenze di leadership di entrambi i paesi.

Pakistan

“Non è un segreto che l’anno scorso è stato un anno molto impegnativo nel nostro rapporto con il Pakistan – affermava Kerry il 31 luglio 2012 al Senato -. Molti credono che l’America ancora una volta voglia semplicemente abbandonare la regione, come abbiamo fatto dopo la caduta dell’Unione Sovietica. Nonostante molte delle nostre frustrazioni e insuccessi, i politici seri di entrambi i lati devono capire che ci sarebbe da guadagnare trovando un terreno comune e lavorando insieme su aree di reciproco interesse. E questo è chiaramente la lotta contro il terrorismo per facilitare lo sviluppo economico”.


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