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Ingroia se la prende con Grasso

Non deve essergli andata giù tutta l’attenzione mediatica riservata al suo ex collega Pietro Grasso, procuratore nazionale antimafia, che come lui ha scelto la politica ma a fianco del Partito Democratico. Così, dopo la conferenza stampa di ieri nella sede del Pd, Antonio Ingroia tenta di rubargli la scena attaccandolo: “Nel maggio 2012 Grasso voleva dare un premio al governo Berlusconi per essersi distinto nella lotta alla mafia”. Divenne Procuratore nazionale antimafia, dice l’ex pm, “scelto da Berlusconi in virtù di una legge con cui venne escluso Giancarlo Caselli, ‘colpevole’ di aver fatto processi sui rapporti tra mafia e politica”.

L’occasione è la presentazione alla stampa del simbolo della lista di Ingroia, che si chiamerà “rivoluzione civile” e sarà “alternativa al berlusconismo e al montismo”. L’ex magistrato se l’è presa anche con il Pd, reo di aver dimenticato le proprie “radici”, che lui identifica nei nomi simbolo di Pio La Torre ed Enrico Berlinguer.

“Le liste sono ancora un cantiere aperto”, ha precisato il neoleader, che ha annunciato di candidarsi a premier. Ha ammesso di non avere ancora raggiunto l’accordo con l’ala movimentista, legata alle battaglie dei referendum su acqua e nucleare, raccolta nell’appello ‘Cambiare si può’ dell’altro ex magistrato Livio Pepino e del sociologo Marco Revelli. Ma l’accordo con i partiti (Idv, Rifondazione, Pdci, Verdi e gli arancioni di Luigi de Magistris ma non quelli di Giuliano Pisapia, schierato col Pd) c’è ed è blindato, a giudicare dalla risposta che Ingroia ha fornito a una domanda sulla presenza dei leader in lista: “Sarebbe una mortificazione superflua – ha affermato – pretendere che i partiti che partecipano a questa nuova realtà debbano rinunciare ai propri leader”.



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