E’ sufficiente gettare uno sguardo sulle carte di identità dei presidenti confermati o in via di conferma delle principali “governance” del calcio italiano (parliamo di Lega Nazionali Dilettanti (Carlo Tavecchio, 70 anni); Mario Macalli (LegaPro, 76 anni – nella foto) e FIGC (Giancarlo Abete uscente, ma con probabile riconferma a 63 anni), per capire che nel nostro Paese siamo di fronte a una vera e propria “gerontocrazia”.
C’è, poi, anche il caso di Gianni Petrucci (68 anni), che, dopo 4 mandati consecutivi, non potendo più ricandidarsi alla poltrona di presidente del CONI (vi assicuro che se avesse potuto vi sarebbe rimasto fino all’ultimo), rimarrà per un altro anno all’interno della Coni servizi SpA, e, comunque, come “contentino” andrà a “riposarsi”, per altri 4 anni, in Federbasket, suo “primo amore”.
Di fronte a questo stato dell’arte, è chiaro che il termine “Gerontocrazia” è anche diminutivo del fenomeno. E’ un sistema sportivo, quello italiano, incapace di far crescere una classe dirigente “giovane e responsabile”, anche perchè non lasciando mai libere queste cariche non ci possono essere ricambi. E se anche vi fossero tra un po’ non avranno meno di 60 anni.
Spesso si ama dire che anche la politica italiana genere situazioni similari, ma nello sport c’è l’aggravante di non avere i riflettori accesi minuto dopo minuto. Quindi, tutti i nostri presidenti sono molto più rilassati e con una classe giornalistica che non brilla (in molti casi) per “analisi critica”, anzi il contrario. E la figura del “watch-dog” è praticamente una rarità.
Il prossimo 11 gennaio 2013 si ricandiderà, per la seconda volta, Andrea Abodi, presidente dimissionario della Lega serie B (oggi l’assemblea di lega ha annunciato anche un piccolo utile, un record considerati i “buchi neri” dei bilanci del calcio professionistico tricolore). Al primo tentativo ha conquistato 11 voti contro i 14 necessari per diventare numero uno della Lega di A. Se, come tutti gli addetti ai lavori auspicano, verrà eletto presidente avrà “appena” 52 anni. Chissà, magari, è la volta buona di mettere la parola fine a questa “gerontocrazia”. Sarebbe cosa buona e giusta e non me ne vogliano i diretti interessati!