Ecco come a distanza di soli 3 mesi la Bce aggiorna le sue previsioni sull’area euro. E a soli 3 mesi di distanza, la forchetta del Pil euro 2013 peggiora di minimo 0,5% nella sua stima pessimistica e di 1,1% in quella ottimistica. Siamo a un passo dal secondo anno successivo di recessione euro. Un disastro.
Una recessione dovuta alla scellerata austerità che mette a repentaglio la stessa sopravvivenza dell’euro e dell’Europa, e che nulla ha a che vedere con fattori fuori dal nostro controllo.
Lo conferma il miglioramento della previsione sull’inflazione. E’, quella che sperimentiamo, una crisi da domanda aggregata interna che evidentemente stempera gli aumenti dei prezzi.
La Bce lo conferma, come se fosse un tranquillo osservatore sugli spalti e non un giocatore: “L’export all’interno dell’area dell’euro è stimato crescere molto meno dell’export fuori area euro a causa della relativa (!!, NdR) debolezza della domanda interna all’area euro”.
E ancora: “Gli investimenti pubblici sono stimati decrescere fino alla fine del 2014 (!! NdR), a causa del consolidamento fiscale in molti paesi dell’area euro“.
Qui non è più solo questione di criticare i governi dell’area euro né la Bce per le sue previsioni sempre errate. C’è da svegliare la Bce una volta per tutte facendola scendere in campo: cambiando una volta per tutte il mandato della Bce adeguandolo a quello della Fed Usa, con inflazione e disoccupazione i due mali da combattere.
Sarebbe bene che anche i governi cominciassero a parlare alla Bce. Perché lo possono fare.
Sostiene, il governatore Draghi, che “l’obiettivo principale della politica monetaria dovrebbe essere la stabilità dei prezzi, e la politica del tasso di cambio dovrebbe essere trattata come materia di interesse comune”.
Giusto sulla stabilità dei prezzi, ma solo perché lo hanno voluto i governi che hanno firmato i Trattati. Così come hanno firmato questo obiettivo anni addietro possono modificare tale obiettivo e imporne uno diverso alla Bce, appunto come quello che deve perseguire la Fed statunitense. Sarebbe cosa, lo ripeto, ormai essenziale per svegliare dal suo sonno meramente anti-inflazionistico la Bce. Sarebbe a quel punto, per fare un esempio, impossibile dire frasi come quella sugli investimenti pubblici senza tradire il proprio mandato: la stessa politica fiscale diverrebbe più intelligente se la politica monetaria lo diventasse.
Giusto anche sul tasso di cambio come materia d’interesse comune, sempre senza dimenticare che tale questione spetta, esplicitamente secondo il Trattato, al Consiglio europeo (e alla Commissione) e non alla Bce.
Quindi cominciamo a parlarne. Un’alleanza con Hollande al riguardo del prossimo presidente del Consiglio, e dopo le elezioni tedesche, potrebbe divenire materia che coagula un’alleanza per una politica economica europea meno irresponsabile.