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Chiacchiere elettorali e farfalle cadute

Chiacchiere. Ripetitive, noiose, prive di senso. Rendono plumbeo il cielo della politica. È la campagna elettorale, bellezza. Almeno così si dice. Ma non è vero. Ne ho viste e fatte tante di campagne elettorali. Nessuna mi è apparsa fatua come questa in corso. Satura di contraddizioni. Gonfia di bugie. Debordante risentimenti. Approssimativa. Contraddittoria nelle dichiarazioni dei protagonisti e dei comprimari. Fragrante come uno yogurt scaduto. Appassionante come un amore sfiorito. Il meglio che se ne possa dire è che assomiglia ad un interminabile red carpet sul quale sfilano personaggi in cerca di un’effimera gloria, proiettati in poche ore dall’anonimato (o quasi) nell’empireo delle candidature. Cooptati, insomma, per essere poi nominati. Deputati e senatori a loro stessa insaputa, dunque. Come si conviene in questi tempi di sfolgorante ascesa pubblica senza aver mai pensato che un giorno potesse capitare a chi si è trovato nel salotto giusto, la sera giusta, con gli ospiti giusti. Delizie della democrazia mediatica, ultima orgiastica fiera dell’autorappresentazione del nulla.

Si va avanti così, su autostrade politiche verso mete sconosciute. E vien voglia di emigrare lasciando sull’asfalto lordato di volgarità brandelli di nostalgie confuse con ambizioni smodate: la nobiltà di un tempo andato e la miseria di un presente tragicamente assorbente. Che cosa resta di stagioni dense di promesse? Chiacchiere ed improvvisazioni. Come in uno show da sagra paesana. Senza un filo di eleganza.  Non ci credete? Sfogliate i giornali in questi giorni. No, non attardatevi a cercare granelli di coerenza o di senso comune nei sedicenti programmi, vi guastereste la giornata ricordando che ciò che leggete oggi è diametralmente opposto a quello che leggevate ieri, o cinque anni fa, o dieci anni fa, o vent’anni fa naturalmente detto dalle stesse persone (statisti immaginari). Buttatevi piuttosto sul gossip pre-elettorale, laddove troverete efficace alla comprensione dello “spirito del tempo” le modalità di reclutamento del personale parlamentare. E v’intrigherete a lungo nel cercare di capire che cosa ci fa in una lista di destra uno di sinistra ed uno di sinistra in una di destra e chi di destra e sinistra insieme in un’altra ancora; ed impazzirete peggio che davanti ad un sudoku in giapponese nel tentare di capire come sia possibile che nascano prima le liste e poi (forse) da esse i partiti; e tenterete – fino a quando, sfiniti, non vi lascerete sedurre da una puntata di C.S.I affogando magari la vostra delusione in un Jack Daniel’s on the rocks – l’impossibile impresa di interpretare il mantra del “cambiamento” recitato da tutti coloro che tenacemente non hanno mai voluto cambiare niente, neppure la deprimente legge elettorale che in nessun’altra parte del mondo viene chiamata appropriatamente Porcellum e viziosamente, ostinatamente, perversamente applicata per scegliere (si fa le dire) i rappresentanti del popolo.

Chiacchiere. Soltanto chiacchiere. Giacobine, perlopiù. Intrise d’odio quasi sempre. Livide come un funerale di terza classe, come un talk show ripetitivo e retrivo. Chiacchiere di successo, naturalmente. Come no. La via del potere finto passa attraverso riti esoterici come le elezioni che si celebrano in Italia. Li si lasci fare, dicono altrove, dalle parti di Bruxelles e di Francoforte. Dove i soliti “freddi burocrati” (così c’è li rappresentano, mentre sono piuttosto “caldi” avvolti nei loro piumini foderati di potere vero) che se non “sognano” la California, come i loro genitori hyppies di quarant’anni fa, poco male, hanno pur sempre Eurolandia che è un parco-giochi divertentissimo dove girovagano politici per caso (di casa nostra) ai quali graziosamente viene fatto credere di contare davvero qualcosa. Il circo funziona.

Quanto a me, i giornali li ho sfogliati, sono stanco, C.S.I. non mi piace e l’alternativa è tra una biografia di Chateaubriand appena uscita in Francia o una puntata di Sex & City: Carrie mi ha stufato e non è neppure attraente. Metto su un vecchio disco dei Pink Floyd, More, mi lasciò cullare. Poi arriva Cymbaline, evoca la figura shakespeariana di Cymbeline, antico re britannico. Una storia che richiama la perdita dell’innocenza. Gilmoure e Wright accompagnano i versi di Roger Waters: “Una farfalla con le ali spezzate/Ti cade accanto/I corvi ti circondano/Non c’è luogo in cui ti possa nascondere/Il tuo manager e il tuo agente/Sono entrambi occupati al telefono/A vendere foto a colori/Alle riviste in madrepatria”. Un incubo: la farfalla è il sogno interrotto, la libertà infranta; i corvi premono per gettarsi sulla preda. Siamo soli, assediati dalle chiacchiere, la politica è una passione agonizzante nelle mani di brutali profittatori. Qualcuno ha fatto in tempo a rifugiarsi nel bosco, come un temerario e paziente Anarca?


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