Ventiquattro mesi dopo la “rivoluzione dei gelsomini” quanta democrazia è stata ripristinata in Tunisia? Cosa è realmente mutato dalla caduta di Zine al-Albidine Bin ‘Ali? Di lavoro, salari migliori e una qualità della vita vicina quantomeno agli standard europei nessuna traccia, anche se qualche fiore è comunque sbocciato. Il riferimento è alla libertà di espressione, a un movimentismo delle arti che incoraggia a immaginare una ripresa. Elementi che fanno da contraltare all’assenza ingiustificata degli intellettuali di primo piano, a un certo smarrimento dei giovani che, dopo la ventata di azionismo della primavera araba, necessitano di una guida per non disperdere quel potenziale civico. Quella tunisina è una rivolta compiuta, l’unica del mondo arabo portata alle estreme conseguenze e la prima del XXI secolo, scrive Ilaria Guidantoni nel suo “Chiacchiere, datteri e thé. Tunisi, viaggio in una società che cambia” (della collana REvolution di Albeggi Edizioni). Dove la scrittrice italiana ragiona sul fatto che adesso giunge per il paese il momento della verità, quello più arduo da raccontare in quanto complesso da interpretare. Quello del passaggio intergenerazionale e inter politico verso la pietra miliare della convivenza tra popoli e governanti: la nuova Costituzione, che fa da anticamera alle elezioni per il primo Governo regolare. Un appuntamento che non può essere mancato né disatteso, pena il ritorno nell’incubo rappresentato dal regime di turno che viene fecondato proprio da uno status di deficienza democratica e partecipativa.
In quel viaggio tra pagine, parole, incontri e sguardi, viene affrescato uno spaccato mediterraneo che chiede risposte. Tra fazioni e movimenti spicca EnnahDa, la componente politica islamista paragonabile alla nostra Dc degli anni ’60 che rappresenta al momento il partito di maggioranza relativa. Anche se, complice una struttura peculiare della Tunisia che l’ha caratterizzata come un vero e proprio mosaico di fedi e inclinazioni, oggi regna una sostanziale confusione, con una convivenza ancora non completamente metabolizzata e regolamentata tra la spinta laica-europeista e quella religiosa tradizionalista. Che produce una schizofrenica varietà di estremi: si va dal velo e dall’abbigliamento casual all’università al costume integrale e bikini sulle spiagge; dai contenitori televisivi religiosi a mostre d’arte provocatorie. Una cosa è certa, però: da quella rivoluzione la gente si aspettava di più.
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