“Con Umberto malato gli squali si scatenarono per smontare il sistema”. Lo afferma il presidente della Fiat, John Elkann, che in una intervista alla Stampa per il decennale della morte del nonno, Gianni Agnelli, ripercorre gli ultimi dieci anni del Lingotto.
Alla morte dell’Avvocato, “la Fiat era messa molto male e con la scomparsa del suo leader storico – ricorda John Elkann – tutti pensavano che sarebbe stato difficile tenere insieme le cose. Decidemmo di impegnarci in maniera concreta, con un investimento di 250 milioni di euro da parte dell’Accomandita di famiglia. Dopo un anno scoprimmo che mio zio Umberto era malato, una cosa terribile, ingiusta: lui si era impegnato in modo ammirevole per cercare di invertire la rotta e il declino”.
E “terribile”, secondo l’attuale presidente della Fiat, “fu vedere tutti quelli che cercarono di approfittarsene, dall’amministratore delegato al sistema bancario, che ci era molto ostile. A quel punto sembrava difficile che la famiglia potesse rimanere unita. Determinanti furono Gianluigi Gabetti e Montezemolo per garantire la stabilità che permise a Marchionne di lavorare per il rilancio della Fiat”.
“Mi auguro che col tempo si possa riuscire a trovare un equilibrio anche con mia madre”. C’è spazio anche per il privato nell’intervista rilasciata dal presidente della Fiat, John Elkann, alla Stampa per il decennale della morte del nonno, Gianni Agnelli.
“La morte di mio nonno – ricorda Elkann – segnò anche l’inizio dei problemi con mia madre. Problemi che scoppiarono immediatamente. Ho capito subito – sottolinea – che il livello dell’incomprensione era grande, ma non mi sarei mai aspettato di dover vedere un tale conflitto. Per contro, tutti avrebbero scommesso che la famiglia si sarebbe divisa e invece siamo stati uniti nelle scelte e abbiamo avuto un percorso comune senza strappi”.