Oggi e domani la Repubblica ceca sceglie il nuovo presidente e per la prima volta nella storia di questo Paese l’elezione del capo dello Stato avviene con il voto diretto da parte dei cittadini. Nel caso, dato quasi per certo, che nessuno dei nove candidati ottenga la maggioranza assoluta, il ballottaggio decisivo è programmato per il 25 e 26 gennaio. E sarà, con ogni probabilità, tra due ex premier: Milos Zeman e Jan Fischer.
La campagna elettorale è stata all’insegna della noia. Degli aspiranti presidenti neanche uno è stato capace di suscitare veri entusiasmi popolari. E fra i cittadini sembra dominare questa opinione: “in mancanza di un candidato ideale, con le carte in regola per rappresentare nel migliore dei modi il nostro Paese, cerchiamo almeno di votare per il male minore”. A condizionare il tutto è anche la diffusa diffidenza fra i cittadini nei confronti della politica, in un Paese che continua a essere caratterizzato da fenomeni di malcostume ed corruzione nella vita pubblica e che, dopo il boom degli anni precedenti, è tornato ad essere turbato negli ultimi mesi dalla recessione economica.
I favoriti per la successione a Vaclav Klaus – il capo di Stato uscente, euroscettico e ultraliberale, il cui secondo mandato quinquennale scade il 7 marzo – sono due ex capi di governo: Milos Zeman, alla guida di governo Socialdemocratico fra il 1998 e il 2002, e Jan Fischer, statistico di professione, capo di un esecutivo tecnico fra il 2009 e il 2010. Il primo – vecchia volpe della politica ceca, apparso più padrone della situazione in tutti i confronti elettorali sin qui svolti – sembra aver ormai superato l`avversario nei sondaggi della vigilia (le rilevazioni gli attribuiscono fra il 20% e il 25% dei voti). Sino a pochi mesi fa era invece Fischer nettamente in testa.
Di tutti i candidati, i due favoriti sono gli unici con un passato di iscritti al partito Comunista nel periodo pre ’89. Fischer ne ha parlato più volte come di una macchia del proprio curriculum, come di un errore giustificato solo da quello che era il clima negli anni della normalizzazione: “lo feci solo perché era l’unico modo per fare passi avanti nella mia carriera di statistico”. Sin dall’inizio della campagna elettorale, ha detto che non sarebbe disposto, da capo dello Stato, a nominare governi composti dai Comunisti del Kscm. Zeman invece – che aderì al partito Comunista al tempo della Primavera di Praga, per poi esserne espulso, poco dopo, all`inizio della normalizzazione – ha chiesto esplicitamente il voto ai sostenitori del Kscm, garantendo di non aver alcun problema in futuro a nominare eventuali governi con la partecipazione dei Comunisti. Sia Fischer che Zeman non condividono la politica anti-Ue dell`attuale presidente Klaus e appaiono ben disposti nei confronti di Bruxelles. Sul piano della politica estera, si distinguono comunque per la simpatia dimostrata da Fischer nei confronti degli Stati Uniti, mentre Zeman guarda con più favore verso il Cremlino. Non mancano gli osservatori secondo i quali la dispendiosa campagna elettorale di quest`ultimo sarebbe stata finanziata dal colosso petrolifero russo Lukoil.
Gli unici outsider che potrebbero riservare sorprese appaiono il conservatore (Top 09) Karel Schwarzenberg, ministro degli Esteri e aristocratico, e il senatore socialdemocratico (Cssd) Jiri Dienstibier.