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Non solo F35. La Difesa, l’Italia e l’Europa

La partecipazione dell’Italia alla missione militare in Mali e il dibattito politico sull’acquisto dei caccia F35 hanno avuto il merito di accendere il faro dell’opinione pubblica su un tema nient’affatto marginale nell’agenda dei governi: la Difesa. Si tratta di un pezzo rilevantissimo nella organizzazione dello Stato e nelle sue relazioni internazionali.

Allo stesso modo, quello militare rappresenta un comparto industriale assai rilevante. Gran parte della tecnologia che noi utilizziamo (il World wide web o Google, solo per fare due esempi) altro non è che una applicazione “civile” della ricerca maturata nel settore della Difesa.

E’ infatti una industria che non produce solo armi ma anche e soprattutto mezzi per la comunicazione aerospaziale. In Italia, non esiste solo un grande gruppo a partecipazione pubblica come Finmeccanica ma un’intera e laboriosa filiera fatta di imprese medie e piccole per non parlare di aziende italiane e straniere che lavorano talora in collaborazione e talora in concorrenza con la stessa Finmeccanica. Gli investimenti in questo settore sono, come si può intuire, ad altissimo valore aggiunto.

Il presidente Usa, Barack H. Obama, ha vinto le elezioni grazie al positivo dato del Pil, il quale a sua volta era frutto proprio delle spese (produttive) nella Difesa. Attenzione quindi a liquidare il tema con facili pregiudizi antimilitaristi: qui si discute di un’industria strategica, anche dal punto di vista economico.

Il tema che è davanti ai decisori politici italiani (governo e partiti) non è solo quello di valutare se aderire ad una o più missioni militari oppure di partecipare a cordate per la produzione di singoli mezzi. L’oggetto – vero – della discussione attualmente in corso in Europa è il processo di costruzione e implementazione della difesa comune.

E’ un progetto molto ambizioso e che potrebbe vedere proprio nelle operazioni in Mali un passo in avanti (o indietro). In gioco non c’è solo una idea di Ue intesa come modello politico. E’ utile avere consapevolezza che questo processo si sta costruendo partendo dall’integrazione delle industrie europee della Difesa. Diversamente, il mancato (solo rinviato, pare) merger fra i colossi Bae e Eads non si comprenderebbe.

A questo punto, la domanda che sarebbe giusto porsi è: qual è la posizione italiana in questo contesto in rapida evoluzione? La risposta, evidentemente, le forze politiche non l’hanno comunicata. Ed è una lacuna gravissima che sarebbe opportuno colmare. Il rischio è quello di essere, ancora una volta, vittime e non protagonisti del processo di unificazione europea.

Paolo Messa
fondatore della rivista Formiche

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