Anche al Partito Democratico ne sono consapevoli. La politica deve dare risposte sul caso Monte dei Paschi di Siena. Non solo, la magistratura deve procedere senza fare sconti e, più in generale, deve essere anche rivisto il ruolo delle fondazioni bancarie. Parola di Massimo Mucchetti, giornalista economico e candidato con il Partito Democratico alle prossime elezioni politiche, in una lettera rivolta al direttore de L’Unità.
“La storiaccia del Monte dei Paschi – scrive l’ex editorialista del Corriere della Sera – riprende riapre la vexata quaestio del rapporto tra banche e politica. Il rapporto non è a senso unico. Ieri erano le banche a distorcere le finanze di migliaia di enti locali tentandoli con i derivati. Adesso invece – scrive Mucchetti – emerge la distorsione di una banca italiana, Mps, per compiacere il Comune e la Provincia di Siena, abituati a far conto sui generosi dividendi della banca domestica. Il caso è circoscritto. Non coinvolge il sistema bancario nel suo complesso”.
Secondo Mucchetti l’inchiesta aperta dalla “Procura di Siena sull’acquisizione di Antonveneta da parte di Mps” deve fare il suo corso e procedere “senza sconti. La tradizione del Pd prevede che i suoi esponenti, se indagati, collaborino con la giustizia e si difendano nel processo, non contro il processo”.
L’ex vice direttore del Corriere della Sera ricostruisce l’operazione sotto la lente d’ingrandimento della Procura, ponendosi interrogativi sul ruolo che avrebbe potuto svolgere la Banca d’Italia: “Nel novembre del 2007, all’annuncio dell’operazione, Mps capitalizza 12,7 miliardi e si impegna a pagarne 9,3 battendo un’offerta di Bnp Paribas di almeno 8,4 miliardi. Il placet della Banca d’Italia viene sette mesi dopo quando Mps è già scivolato a 7 miliardi, mentre l’impegno per Antonveneta sfiora i 10”. Ebbene, “sarebbe bastato un no di via Nazionale e tutto sarebbe andato diversamente. Perché non c’è stato? Forse quel no non venne – avverte – perché la Banca d’Italia non gradiva l’espansione di Bnp Paribas, fresca padrona di Bnl, e favoriva l’ulteriore concentrazione di credito in chiave nazionalistica”.
Mucchetti sottolinea però che, “comunque vadano, le inchieste giudiziarie non possono surrogare la politica. E la politica deve rispondere a tre domande: a) dopo il caso Mps, una singola fondazione può ancora eleggere la maggioranza assoluta del consiglio di una banca, specialmente se grande? b) possono gli enti locali esprimere direttamente la maggioranza nel vertice di una fondazione? c) è ancora augurabile che le fondazioni possano detenere partecipazioni rilevanti, seppur non maggioritarie, nelle banche d’origine?”.
La partita però si gioca sul ruolo delle fondazioni. “Tra le banche di maggior dimensione, Mps è l’unica dove la Fondazione conserva la maggioranza relativa, il 34% che diventa assoluta in assemblea. Sarebbe illiberale comprimere i diritti di rappresentanza legati al possesso azionario, ma ne caso senese l’entità della partecipazione appare assai fragile e dunque la sua rappresentanza andrebbe rapidamente ripensata. Mps assolve agli obblighi patrimoniali dettati dall’Eba emettendo 3,9 miliardi di Monti bond. Dunque, il suo consiglio dovrebbe accogliere da subito i rappresentanti di quel particolare obbligazionista che è il Tesoro ridimensionando il peso della Fondazione. Una simile novità eleverebbe il presidente Profumo e l’amministratore delegato Viola al rango di commissari de facto”.
Secondo Mucchetti “una simile struttura contrattuale garantirebbe sia il rispetto del pubblico denaro sia il ridimensionamento del peso degli enti locali al livello reale del capitale da loro investito, ormai pari al 15%, mentre il contributo del Tesoro supererebbe il 60%. Non è bello da dire per la città di Siena, tesoro di civiltà, ma gli sbagli si pagano. Poi si lavora e si ricostruisce. Se modificheranno lo statuto senza bisogno di moral suasion del nuovo governo, gli enti locali senesi daranno prova di non lasciare a metà il rinnovamento iniziato con la scelta di Profumo e Viola”.
Detto ciò, azzerare tutte le fondazioni presenti nel sistema bancario sarebbe una “forzatura” e un atto di “radicalismo liberista”. “Semmai – osserva il candidato del Pd – andranno considerati con realismo i vincoli patrimoniali delle fondazioni resi ormai soffocanti dalla caduta delle quotazioni bancarie e degli altri investimenti finanziari. E’ probabile che, con il tempo, le fondazioni conteranno comunque meno nella difesa degli assetti azionari attuali delle grandi banche. Accelerare al buio un tale processo pare insensato: che ne sarebbe delle già scarsissime quotazioni dei titoli bancari scaricandone grandi quantità sul mercato? Si vuole rendere scalabile dal primo che passa a prezzo ancora più vile il cuore del sistema bancario?”, conclude Mucchetti,