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Una campagna elettorale senza energia

La SEN cade nel vuoto politico

Nucleare a parte, di energia si è sempre parlato poco in Italia. E anche quando è capitato, lo si è fatto maluccio. Perfino le ubriacature da rinnovabili sono largamente passate in sordina, eppure ci costano a regime 12 miliardi di euro, all’anno. All’anno. Più del totale dell’intero programma di acquisizione degli F35.

Eppure qualche ragione per parlare di energia ci sarebbere, oltre alla questione dei sussidi. E non solo per i 65 miliardi di fattura energetica fatti registrare nel 2012. A livello europeo, intanto, le reti e i mercatisi integrano, ma di quel che si decide a Bruxelles non si parla nemmeno per sbaglio, anche quando ci riguarda da vicino.

Per non parlare di quello che succede a livello mondiale: le risorse non convenzionali cambiano gli equilibri dell’offerta, il terrorismo torna a minacciare i produttori (anche quelli molto molto vicini a noi), i paradigmi energetici cambiano.

Gli effetti arrrivano fin qui, eccome, ma nel totale disinteresse politico. Certo, c’è la SEN, la Strategia energetica nazionale, lascito di Passera. Ma a parte esistere, non ha molti meriti: oltre a mancare di una seria analisi di impatto economico, ha un orizzonte temporale cortissimo. Più una tattica che una strategia, insomma.

Anche solo sentir parlare di SEN in un dibatto sarebbe una notizia. Eppure tutto tace, o quantomeno parla d’altro. Se in tema di energia qualche forza politica ha competenze e idee serie da mettere in campo, batta un colpo.


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