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La sfida in Lombardia

Mario Monti l’aveva presentato come il suo “tridente” per il Senato in Lombardia, ma cinque settimane dopo l’attaccante più famoso, Gabriele Albertini, che è anche candidato alla presidenza della Regione, è inciampato nello sgambetto della seconda punta, Pietro Ichino. Alle regionali il giuslavorista voterà per il candidato del centrosinistra. E’ la forma più nota di voto disgiunto, che sicuramente darà una mano a Umberto Ambrosoli nella sua corsa per la guida del Pirellone, ma per fare il pieno di voti lombardi anche al Senato la coalizione di Pier Luigi Bersani, così come il centrodestra, punta a fare in modo che gli elettori votino con il cuore per Montecitorio e con la testa per Palazzo Madama. Grillo, Giannino e Ingroia per il ramo del Parlamento dove i giochi sembrano già fatti, Pd o Pdl per quello più incerto.

L’Ohio d’Italia

Siamo infatti nell’Ohio d’Italia, la regione dove si assegnano 47 seggi senatoriali su 315, e al vincitore ne vanno ben 26. Un bottino che rischia di essere decisivo per gli equilibri di Palazzo Madama, così come lo stato americano, sempre in bilico tra democratici e repubblicani, è una preda chiave per la conquista della Casa Bianca. Per questo Bersani ha convinto Matteo Renzi a fare campagna elettorale nella regione di Monti, Bossi e Berlusconi, e ha perfino convinto Romano Prodi a salire sul palco di piazza Duomo domenica scorsa a Milano, a costo di fargli forse perdere qualche punto come potenziale candidato al Quirinale. “Il voto qui in Lombardia è decisivo, una battaglia nella battaglia, e i lombardi hanno una grande responsabilità” ha detto Renzi a Milano al fianco Ambrosoli.

La corsa con Rivoluzione civile al Pirellone

Il Pd spera in un effetto trascinamento tra regionali e politiche, o viceversa, ma mentre nella coalizione per il Pirellone c’è dentro anche Rivoluzione civile, al Senato i sostenitori di Antonio Ingroia corrono da soli. Una differenza magari di pochissimi punti percentuali, ma che in una situazione di testa a testa rischia di assegnare il premio di maggioranza del Senato alla coalizione avversaria. Lo stesso effetto, a parti invertite, potrebbe averlo sul centrodestra Fare per fermare il declino. Non a caso, prima dello scivolone sui suoi titoli di studio, Oscar Giannino, era uno dei bersagli quotidiani di Silvio Berlusconi. C’è infine l’incognita Grillo, talmente travolgente nel suo comizio del 19 febbraio a Milano in piazza Duomo, da far temere alle segreterie lombarde che i sondaggi non ne misurino la forza reale. Per questo il giorno dopo è partito un coro di corteggiamenti agli elettori dell’M5S: buone le vostre idee, ma solo noi le portiamo al governo.



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