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Matrimonio e coppie di fatto alla sfida dei termini

Sul tema della famiglia in Italia non si finisce mai di discutere. Dopo che molti Paesi europei hanno deciso di legiferare in materia in modo relativistico, torna di continuo anche da noi la proposta di dare dignità di matrimonio alle coppie gay, con una certa irritazione della Chiesa. Il mese scorso, monsignor Vincenzo Paglia aveva aperto uno spiraglio per risolvere con intelligenza la questione, sviluppando un ragionamento che, se bene inteso, potrebbe segnare uno spartiacque risolutivo e definitivo.

In primo luogo si tratta di capire bene il problema in questione. E per farlo bisogna discernere. Bisogna guardare cioè senza pregiudizi alla “natura umana”, pensando che siamo davanti a una realtà distinta, comune a tutte le persone e dotata di caratteristiche che sono antecedenti alla legge degli Stati e alle normative dei legislatori. Si tratta di ammettere cioè una serie di caratteristiche, ad esempio la distinzione di genere, che definiscono biologicamente la nostra specie e che la ragione umana è in grado di afferrare con chiarezza in modo permanente. La famiglia, vale a dire il patto di un uomo e una donna che impegna a generare figli e a educarli civilmente, è la più importante tra le condizioni comunitarie di tipo naturale che fondano la società, essendo la forma di unione che assicura in modo stabile, permanente e determinato, la vita e la conservazione del genere umano.

Certo, tra le persone non ci sono soltanto unioni di questo tipo che non possono essere alterate e cambiate in modo arbitrario senza interporsi surrettiziamente sulle leggi di natura. Vi sono pure altri tipi di relazione che appartengono alla libera scelta dei singoli, ossia a un modo autonomo di gestire i sentimenti e i rapporti soggettivi.

Se non si confondono questi due piani, non c’è nessuna difficoltà ad ampliare gli spazi individuali, concedendo diritti legali innovativi di tipo pubblico alle “coppie di fatto”. Ad esempio, apportando variazioni al diritto privato, ereditario e d’assistenza. Ciò coinciderebbe, tra l’altro, con un adattamento delle leggi positive al progresso storico della civiltà. L’essenziale è tenere distinte le cose, avendo presente che il matrimonio comporta dei doveri sociali specifici. In primo luogo, verso i nascituri che hanno il diritto nativo ad avere una madre e un padre chiari e identificabili.

La famiglia, insomma, è composta di un uomo e una donna, come una persona ha due genitori di sesso diverso. E, paradossalmente, relativizzando la natura umana, si assicura unicamente la perdita del valore etico della legge morale e reale riduzione delle libertà individuali.

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