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Mps e i sospetti maligni di Penati

Mi dice un caro amico psicologo: con i miei pazienti le cose più importanti le tengo sempre per la fine della seduta. Così fa oggi Alessandro Penati parlando di derivati e caso Monte Paschi Siena.

A metà del guado Penati afferma, e mi sento di condividere il suo pensiero: “Se questa è la trasparenza della terza banca e della seconda assicurazione italiana, credo sia perlomeno legittimo avere dubbi sulla qualità dei bilanci dell’intero sistema finanziario. Infatti, la Borsa esige oggi un forte sconto (più alto che altrove) rispetto ai valori di libro per le banche e le assicurazioni italiane. Il rischio ‘Italia’ è anche questo. È ora nell’interesse nazionale che, al posto della solita stucchevole difesa di ufficio, o della storia della mela marcia, si richieda una generalizzata ed energica operazione di pulizia: i prossimi bilanci 2012 sono l’occasione di dimostrare che si è passati dalle dichiarazioni ai fatti. Importante accertare le responsabilità. Ma nel caso Mps è ancora più importante far emergere rapidamente la vera situazione patrimoniale e chiudere la ristrutturazione nel minor tempo possibile. Nel frattempo, il premio per il rischio ‘Italia’ lo paghiamo tutti”.

Anche il Tesoro italiano, il cui spread è salito. Mancanza di credibilità del sistema Italia? Ma forse lo spread sul Tesoro italiano non è salito solo per colpa di Mps. Anzi, forse la direzione causale è rovesciata. Forse, come ho già avuto modo di dire in altre occasioni, il fatto che lo stesso Tesoro italiano non abbia mai, dico mai, rivelato nulla sul suo libro derivati spiega perché Mps si è dilettato nel tempo a nascondere le sue operazioni senza nulla temere dai regolatori. E forse il Tesoro non sente il bisogno di rivelare nulla perché a sua volta chi dovrebbe controllare i conti del Tesoro, la Bce, non rivela nulla sulla scandalosa transazione di inizio secolo tra Goldman Sachs e governo greco e dunque ovviamente nulla chiede al Tesoro italiano di fare quanto a trasparenza sui propri derivati. Come mai la Banca d’Italia non chiede più trasparenza sui derivati del Tesoro al Tesoro?

La domanda sorge spontanea. Specie ad Alessandro Penati, che nel chiudere l’articolo, quasi en passant, afferma: “Infine, Nomura: c’è sempre una banca di investimento connivente. La connivenza va punita quanto l’abuso. Dietro a qualsiasi dissesto e scandalo finanziario nel mondo ci sono sempre sì e no dieci istituzioni. Il modo migliore è di toccarle pesantemente nel portafoglio, e nella loro capacità di operare, anche con revoche temporanee della licenza a operare nel Paese. Vedo invece molta titubanza. Come se lo Stato non volesse inimicarsele dati gli stretti rapporti per la gestione del debito pubblico. Anche su questo sarebbe ora di fare chiarezza”.

Non mi piace questa ultima frase. Sembre il tirare il sasso e nascondere il braccio. Perché Penati non dice chiaramente quale sia il sospetto? Penati pensa forse che il Tesoro abbia dei derivati con Nomura e che ciò abbia reso meno forti i controlli su Mps? Lo dica pure, farebbe un migliore servizio alla causa di una stampa libera.

Il problema è che la risposta non l’abbiamo perché i dati (pubblici) non ci sono: e Banca d’Italia al Tesoro non ha mai chiesto di pubblicarli e, toh, nemmeno la Bce.

Ed è pure possibile che Penati sbagli e non ci sia nessun derivato fra Nomura e Tesoro, o forse che i derivati che ci sono sono sono assolutamente legittimi. Ma siccome non possiamo saperlo, ogni sospetto è legittimo. E dannoso.

E’ ampiamente tempo che la si pianti di dire che ci vogliono più poteri di regolazione e che ci si dia da fare con quelli che si hanno. Un passo epocale? Pubblicare i derivati fatti dal Tesoro nell’ultimo decennio compresi quelli ancora in vita: con nomi delle controparti, loro rating, e stima del valore di mercato. Se non lo si fa, non mi si venga a dire che la colpa di Mps è dell’insufficienza degli strumenti di controllo.

 


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