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L’appello di Obama

Il presidente Barack Obama ha invitato il Congresso a sostenere l’azione del governo per rilanciare l’economia, sottolineando come lo Stato dell’Unione sia “più forte”. Nel suo discorso, il presidente ha promesso un’amministrazione “più intelligente”, che faccia le veci di molti e non solo di pochi.

Obama ha iniziato il suo primo discorso sullo stato dell’Unione da quando è stato rieletto presidente, citando le parole che, nella medesima occasione, John F. Kennedy pronunciò 51 anni fa: “La Costituzione non ci rende rivali per il potere, ma partner per il progresso … è mio dovere descrivere lo Stato dell’Unione, migliorare è il dovere di tutti noi”.

L’inquilino della Casa Bianca ha così dato il via a un elenco di risultati raggiunti negli ultimi anni che provano il miglioramento della congiuntura economica, ma non solo. “Grazie alla perseveranza e alla determinazione del popolo americano, c’è molto progresso di cui rendere conto. Dopo un decennio di una guerra stancante, i nostri uomini e donne coraggiosi in divisa stanno tornando a casa. Dopo anni di una recessione estenuante, le nostre aziende hanno creato oltre sei milioni di nuovi posti di lavoro. Compriamo più automobili americane di quante ne abbiamo acquistate in cinque anni, e meno petrolio proveniente dall’estero di quanto ne abbiamo acquistato in 20. Il nostro mercato immobiliare sta guarendo, il nostro mercato azionario sta rimbalzando e i consumatori, i pazienti, i proprietari di una casa godono di protezioni maggiori di sempre”.

Dopo aver sottolineato che “lo stato della nostra Unione è più forte” Obama ha quindi illustrato le sfide con cui gli Stati Uniti devono ancora fare i conti: “Ci riuniamo qui sapendo che ci sono milioni di americani il cui duro lavoro e la cui dedizione non è ancora stata premiata. La nostra economia sta creando occupazione, ma ancora troppe persone non possono trovare un lavoro a tempo pieno. I profitti delle aziende hanno toccato nuovi massimi, ma per oltre un decennio stipendi e redditi a mala pena sono aumentati”.

Questo ha dato il via al presidente per descrivere una serie di compiti non ancora completati, facendo intendere che non ci possono essere discriminazioni di razza o di orientamento sessuale: dobbiamo, ha detto, riportare in vigore l’idea base che ha costruito questo Paese, ossia “l’idea che se si lavora duro e si portano avanti le proprie responsabilità, si può andare avanti a prescindere da dove si viene, da come si appare, da chi amiamo”.

Un riferimento implicito è stato fatto anche a chi, tra i Repubblicani, ha messo i bastoni tra le ruote di Obama quando si è trattato di alzare le tasse per i più abbienti. È nostro compito, ha aggiunto Obama, “garantire che il governo lavori facendo le veci di molti e non solo di pochi” e di “aprire le porte delle opportunità a ogni bambino” in tutto il Paese.

Rivolgendosi ai deputati e ai senatori, il presidente ha quindi ripetuto quanto detto più volte: non si può trovare un accordo su tutto, ma gli americani “si aspettano che gli interessi della nazione siano messi prima” di quelli di ogni parte, trovando “un compromesso ragionevole dove possibile”.

Obama, quindi, è tornato a parlare di budget fiscale e della necessità di evitare tagli automatici alla spesa – noti a Washington DC come ‘sequester’ – che “rallenterebbero sicuramente la ripresa economica e brucerebbero centinaia di migliaia di posti di lavoro”. Ancora una volta ha detto che serve un “approccio bilanciato alla riduzione del deficit”, chiedendo a “tutti di fare la loro parte” perché “la sola riduzione del deficit non è una soluzione economica”. La stella polare indicata da Obama è “un’economia che crea posti di lavoro per la classe media”.

Quanto proposto da Obama nel corso del suo discorso “è già pagato” e non dovrebbe “aumentare il nostro deficit di una singola moneta”. “Non è di un governo più grande di cui abbiamo bisogno, ma di un governo più intelligente che fissa le priorità e investe in una crescita generalizzata”.


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