Per mettere in guardia i cittadini da un utilizzo improprio dei sondaggi elettorali il movimento dei Radicali italiani ha condotto un’inchiesta servendosi dei dati reperibili sul sito sondaggipoliticoelettorali.it a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per l’informazione e l’editoria, in cui sono raccolti tutti i sondaggi d’opinione che sono stati resi noti attraverso i media. Esaminando profili, metodi e committenze di sondaggi e sondaggisti gli autori dell’inchiesta, Romano Scozzafava, Edoardo Cicchinelli e Mario Staderini, hanno rafforzato la consapevolezza su uno dei possibili effetti del sondaggio: l’influenza sull’opinione pubblica, argomento molto dibattuto negli studi di Scienze della comunicazione.
Il predominio della tv
Secondo lo studio il successo dei sondaggi in Italia va collegato al filo speciale che lega gli italiani al mezzo televisivo: “Il 70% degli italiani fonda le proprie scelte elettorali principalmente sulla base di ciò che vede in tv: nei telegiornali per i meno scolarizzati, i pensionati e gli abitanti della provincia; nei talk show per i più istruiti e i residenti delle città popolose”. E “nel contesto televisivo italiano – come riporta l’inchiesta dei Radicali – l’informazione è fortemente condizionata da conflitti d’interesse, lottizzazioni e sistematiche violazioni delle regole”.
Chi sono i committenti dei sondaggi?
“Trasmissioni che sommano all’anomalo potere di cui sono investiti, l’influenza generata dal massiccio ricorso ai sondaggi d’opinione”, scrivono gli autori della prima inchiesta sui sondaggi. “Prendiamo la Rai: dopo aver marginalizzato per più di 5 anni la tribuna politica lasciando spazio libero ai talk show, ha recentemente ripristinato le tribune elettorali con un’operazione ridicola: relegate in spazi di audience irrilevanti, disertate dai politici e televisivamente rese poco accattivanti. Ai vari talk show, governati completamente dall’arbitrio del conduttore sia per la “selezione” degli ospiti che per i temi trattati, è concessa la legittimazione di buone fasce d’ascolto ed è attraverso Ballarò, Porta a Porta e qualche raro giornale, che agli italiani è consentito formarsi un’opinione elettorale”. E secondo lo studio sull’influenza dei sondaggi, tra i committenti si sono da poco aggiunti anche i tg di La7 e Sky, “che ne fanno un utilizzo ancora più spericolato, estrapolando i risultati da un contesto argomentativo e presentandoli come dati secchi che fanno da mattone cognitivo”.
Che grado di scientificità e affidabilità hanno i sondaggi made in Italy?
Per rispondere si sono affidati all’analisi del professor Romano Scozzafava, ordinario di calcolo delle probabilità all’Università di Roma “La Sapienza” nella quale il professore dimostra la scarsissima affidabilità di questo tipo di indagini. Le osservazioni più interessanti riguardano un campione di riferimento irrisorio, il “C.A.T.I.”, ovvero il metodo più largamente diffuso tra le società che fanno ricerche demoscopiche, l’elevato tasso di rifiuto nella partecipazione al sondaggio che mette a rischio la rappresentatività del campione, i margini di errore così elevati tanto che “vale affidarsi all’oroscopo del giorno”.
Politicamente “friendly”
Un dato interessante svelerebbe il motivo di tanta ostinazione nonostante le numerose pecche sopra evidenziate: l’analisi delle committenze. “Esiste un legame tra determinati sondaggisti e determinate fonti di informazione, politicamente “friendly” per questo o quello schieramento. In Italia le logiche di mercato sembrano costantemente inquinate dalle logiche di palazzo”. Un esempio? Gli esiti attribuiti al “ritorno in campo” di Berlusconi: “Mentre i sondaggi di riferimento per il centro destra parlano già di notevole rimonta, quelli commissionati dai settori vicini alla sinistra tendono a sottovalutarne la ripresa. D’altronde se un istituto demoscopico deriva i propri guadagni principalmente da un unico committente, perché scontentarlo?”, commentano Scozzafava, Cicchinelli e Staderini.
Conclusioni e proposte dei Radicali
La prima considerazione fatta dallo studiosi è che tra i dati relativi alle intenzioni di voto in vista delle elezioni politiche raccolti dai diversi sondaggisti in Italia ed analizzati nell’inchiesta si trovano i risultati più disparati: “Il PDL può oscillare dal 29% al 20%, il PD dal 26% al 30%. Eppure, se si confrontano i dati di sondaggipoliticoelettorali.it con quelli di un sito analogo in Regno Unito, si nota che nell’arco di una settimana l’oscillazione dei voti tra sondaggio e sondaggio non varia mai per più del 2%. È dunque solo una peculiarità dei nostri sondaggi, il rilevamento di dati tanto precari?”, chiedono gli autori.
I sondaggi d’opinione diventano inoltre strumentali ai fini dell’influenza elettorale perché si fondano sugli stessi principi fondamentali della persuasione su cui sono basate le pubblicità. Una prima soluzione potrebbe essere allora rappresentata dall’introduzione di sistema di controllo terzo che possa vigilare sul rigore della raccolta dati, sulla veridicità delle conclusioni, sull’uso non strumentale del mezzo.
“E’ chiaro – concludono Scozzafava, Cicchinelli e Staderini – che occorrerebbe sciogliere il nodo enorme (o meglio quel groviglio) di conflitti d’interesse che legano l’informazione (di qualsiasi fonte) ai partiti e stabilire dei criteri più affidabili e universali sui sondaggi, sui campioni di riferimento fondati su panieri più variegati, sui metodi di rilevamento che possano tener conto delle “diete mediatiche” dei cittadini”.