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La disputa europea sulla Tobin Tax per i titoli di Stato

La Commissione europea ha presentato oggi a Bruxelles la sua proposta formale di instaurare
una tassa sulle transazioni finanziarie, la cosiddetta Tobin tax, negli 11 Stati membri che
hanno accettato di partecipare alla cooperazione rafforzata in quest’ambito e che hanno
ricevuto il via libera dagli altri stati durante il consiglio Ecofin dello scorso 22 gennaio. L’Italia,
che è favorevole alla tassa, ma contraria ad applicarla ai titoli di Stato per non aggravare la
crisi del debito sovrano, dovrà ora cercare di convincere gli altri 10 paesi partner a esentare
i buoni del Tesoro non solo al momento dell’emissione, ma anche negli scambi sui mercati
secondari.

Fino a 35 miliardi di ricavi

Presentando la proposta, il commissario Ue alla Fiscalità, Algediras Semeta, ha indicato
che la tassa Ftt (acronimo di Financial Transaction Tax, tassa sulle transazioni finanziarie)
dovrebbe permettere di raccogliere fra i 30 e i 35 miliardi di euro all’anno nell’area degli
11 Stati membri che l’applicheranno. Saranno applicate aliquote minime pari allo 0,1%
per azioni e obbligazioni (compresi i titoli di Stato scambiati sul mercato secondario), e
allo 0,01% per quanto riguarda i derivati. Saranno coperte tutte le istituzioni finanziarie,
mentre sono previste eccezioni per la Banca centrale europea e i due Fondi di salvataggio
dell’Eurozona, Efsf ed Esm, così come per tutte le transazioni correlate alla politica monetaria,
al rifinanziamento e la gestione dei debiti sovrani (cioè le emissioni dei titoli di Stato).

Principio di residenza e misure anti-elusione

La tassa sarà imposta nel territorio degli 11 Stati membri partecipanti (la “Zona Ftt”), sulla
base del “principio di residenza” (di almeno una delle istituzioni finanziarie coinvolte nella
transazione) e anche sulla base del principio di emissione.

Questo significa che qualunque transazione sarà tassata se c’è un legame economico che può
essere stabilito con la “zona Ftt”, perché una delle parti vi risiede, o perché in uno dei Paesi
partecipanti è stato emesso il prodotto finanziario oggetto della transazione. Sono previste
anche misure per evitare delocalizzazioni delle transazioni per eludere la tassa.

Le richieste italiane per il mercato secondario

L’applicazione della tassa nel mercato secondario dei titoli sovrani “sarà probabilmente
una delle molte questioni che saranno discusse durante il negoziato fra gli Stati membri
partecipanti”, ha detto Semeta rispondendo a una domanda specifica sulla posizione italiana,
alla fine della sua conferenza stampa. “E’ molto importante – ha spiegato il commissario – che
non si creino lacune nel sistema, che potrebbero comportare un’applicazione meno efficace
della tassa.

Questo è il criterio che sarà usato per discutere di potenziali esenzioni. Ma va ricordato – ha
concluso Semeta – che tutti gli 11 Paesi partecipanti dovranno essere d’accordo”.
Secondo un’altra fonte della Commissione, l’Italia non dovrebbe essere preoccupata:
“Stimiamo che l’applicazione della tassa sul mercato secondario comporterà un aumento
di circa sette punti base (ovvero 0,07 punti percentuali) sugli interessi pagati all’emissione
dei bond; ma per ogni euro pagato in più di interessi, lo Stato avrà 3 euro in più dalla tassa,
considerando che percepirà tutto il gettito derivante dalle transazioni dei propri titoli
sovrani”, ha spiegato la fonte.

La Commissione non ha presentato stime ex ante del gettito della tassa Ftt paese per Paese,
ma ha indicato che, se il gettito fosse in proporzione alle dimensioni di ciascuna economia
partecipante, l’Italia avrebbe circa il 18,9% dei 30-35 miliardi all’anno attesi per tutta la zona
Ftt, la Germania il 30,5%, la Francia il 21,6% e la Spagna il 14%.


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