La notizia che Google starebbe per aprire una serie di punti vendita al dettaglio, simili agli Apple Store, è giunta nei giorni scorsi. L’azienda, che in passato non ha brillato nei rapporti faccia a faccia con il pubblico, adesso vuole conquistarsi la fiducia dei consumatori creando un luogo dove i clienti possano interagire con le più recenti innovazioni.
È il sito Buisiness Insider a spiegare perché quella dei negozi potrebbe rappresentare per Google un’ottima idea. Per cominciare, basta pensare al fatto che il 90% degli acquisti sono ancora realizzati in punti vendita fisici. Lo sa bene Tim Cook, l’uomo che ha preso il posto di Steve Jobs alla guida di Apple, i cui negozi al dettaglio hanno generato in media più di 50 milioni di fatturato annuo. Lo stesso Cook qualche tempo fa ha dichiarato di non credere che “l’iPad avrebbe avuto lo stesso successo se non avessimo avuto i nostri Store”. Naturalmente, ci sono da sostenere i costi del lavoro, mentre storicamente Google si è schierato a favore dell’automazione. Ma Apple ha dimostrato su più aspetti che l’esistenza di negozi fisici ha innumerevoli risvolti positivi. Oltre alle opportunità di guadagno, gli analisti pensano infatti che i negozi Google potrebbero aumentare la percezione pubblica del marchio. Non si può ignorare però che un tentativo analogo fatto da Microsoft non ha migliorato la sua quota di mercato, commenta il giornalista di BI. Ma Google è talmente conosciuto a livello globale che i negozi al dettaglio potrebbero dargli la spinta di immagine di cui ha bisogno per competere davvero con Apple.
Quando la pubblicità non basta
Ma non è solo la voglia di inseguire Apple ad aver spinto Google. Ne è convinto Giovanni Iozzia, ex direttore di Panorama Economy, secondo il quale la mossa sarebbe dovuta alla “necessità di crescere per una società che è ormai terza del mondo per capitalizzazione di Borsa (dopo Exxon e Apple) con un marchio che, secondo la classifica 2012 di Interbrand, è il quarto al mondo ma il primo totalmente digitale”. E allora? “Per crescere Google, però – scrive Iozzia su Panorama – non può fare affidamento solo sulla pubblicità. Ne raccoglie tanta (il 40% di quella americana che diventa il 53% se si considera solo quella online, secondo una ricerca di Marketer), ma è una fonte di ricavi in fase di prosciugamento”.
Non resta quindi che sbarcare sulla terra ferma passando da un modello business to business a un modello business to consumer. E i dati riportati da Iozzia vanno tutti in quella direzione: “L’80% dei laptop, per esempio, si vendono lì. E i Chromebook solo online non hanno avuto un gran successo, così come i Nexus, che pure usano la piattaforma Android che è la più diffusa nel mondo”.
Una strategia
Ma cosa ha spinto Google a entrare nell’home digital, nell’auto e in altri settori del largo consumo? “Lo farà per una ragione più strategica: diventare meno odiosa”, commenta Carlo Alberto Carnevale Maffé, docente di Strategia alla Sda Bocconi e osservatore della digital economy intervistato dell’ex direttore di Panorama Economy. “Quando finisci di essere una startup e diventi una multinazionale monopolista risulti antipatico. E cominci ad avere problemi politici”. Vedi i contenziosi con l’Unione Europea. Secondo l’analisi pubblicata da Panorama, i negozi servirebbero quindi anche a segmentare il peso di Google, visto che nel largo consumo le quote di mercato sono molto più frastagliate. E a ridistribuire valore localmente, dichiara Maffè: “Google ha un enorme flusso di cassa che finora ha investito in maniera concentrata a Mountain View. Adesso deve cominciare a restituire valore localmente, altrimenti si conferma un’indrovora poco equilibrata. Deve produrre lavoro e Pil nei Paesi dove è presente. Affittare locali, arredarli, assumere commessi è un modo per farlo. E per acquisire un diverse potere negoziale con le autorità locali”.
Le novità in arrivo
I “Google Store” potrebbero ospitare anche gli occhiali intelligenti Google Glass. E a salire sui banconi dei futuri store potrebbero essere anche i computer portatili con schermo touch il cui lancio è stato rivelato oggi dal Wall Street Journal. I laptop, che hanno come sistema operativo Chrome Os, si chiameranno Chromebook e arriveranno sul mercato entro l’anno. Chrome sui dispositivi touchscreen consentirebbe a Google di insediare Microsoft – riporta il Ft – in un momento critico per Redmond, con le vendite di Windows 8 partite in rilento.