Nella Casina delle Civette, uno dei musei di Villa Torlonia, il mondo è diventato di vetro. Un universo incantato nato grazie al viaggio di Virus Vitreum, dove le opere di Giuliano Giuman superano il virtuosismo di materia e la forma dei puri oggetti verso un nuovo linguaggio simbolico e concettuale. Un dialogo espressivo personale in cui l’artista si avvale del vetro come protagonista per realizzare contaminazioni, attraverso diversi passaggi e spesso cambiando la funzione degli oggetti, pur rimanendone sempre complice.
Antesignano della ricerca con il vetro, che lo caratterizza nel panorama internazionale da alcuni decenni, Giuman vi fa confluire i presupposti concettuali del suo lavoro, uniti a una perizia tecnica straordinaria.
E così, a quasi quattro anni di distanza dall’ultima mostra romana, dedicata alla sua fotografia concettuale degli anni Settanta, Giuman torna a Roma fino a domenica 28 aprile, con 23 opere, per la maggior parte inedite e legate alla stagione creativa ancora in corso di Giuman.
Virus, dunque, come contagio, raccontato attraverso le sculture tra archetipi mitici e immaginazioni fantastiche, come la grande opera Polifemo, installata nel portico della Casina, che anticipa ed introduce il viaggio alla mostra e il confronto, non solo concettuale e materico, con le stanze del Museo.
Con l’opera monumentale Chiodo, una vetrata di quasi due metri per uno, l’ispirazione fa omaggio a quella già esistente del Cambellotti: il disegno rigoroso e geometrico che la caratterizza è enfatizzato per contrasto dai toni accessi e morbidamente sfumati l’uno nell’altro. Simbolico è poi il dialogo tra l’opera Carovana e la Stanza dei Trifogli che la ospita, dove i simboli della rosa e della cometa, presenti nello stemma Torlonia, richiamano allegoricamente la meta del cammino e invitano a spedizioni fantastiche.
Nella Stanza delle rondini l’opera Volare senza ali riprende il tema del volo con vetri dipinti a gran fuoco, sovrapposti e tenuti dal piombo come per le vetrate storiche. Il blu e gli azzurri, colori che caratterizzano l’opera, si accostano a quelli presenti nella stanza. O ancora, con legame meno intuitivo ma altrettanto forte, nella Stanza della fata l’opera Narciso dialoga per contrasto formale con i vetri opalescenti, impreziositi da gemme, della vetrata di Cambellotti.
Nato a Perugia, Giuliano Giuman coltiva una forte passione per la musica accanto a quella per la pittura che lo porta a frequentare nel 1964 lo studio di Gerardo Dottori, futurista, padre dell’aeropittura.
Nel 1969 lascia gli studi musicali per dedicarsi alla pittura, lavorando sia a Roma sia a Bologna, dipingendo in questa fase solo in bianco e nero. L’ opera più significativa di questo periodo è Fenomenologia. Effettua anche sperimentazioni su fotografia, fotopittura, Video e performances. Si trasferisce a Milano nel 1976.
Nel 1980 inizia un percorso di ricerca tra musica e pittura. Dal 1985 il vetro,l come installazione in ampi spazi o come elemento per architettura d’interni, diventa l’elemento caratterizzante la sua espressione artistica.
Dal 1984 collabora con Umbria Jazz, firmando nel 1993 il manifesto del ventennale e, in seguito, oltre a numerosi altri, tutte le scenografie. Nel 1987 la RAI gli dedica lo speciale Tabula rasa, video dedicato ai suoi lavori. Dal 1999 insegna all’Accademia di Brera di Milano il linguaggio delle vetrate. Molte sue opere sono visibili in Lombardia, in Umbria, in Liguria e in Sicilia e in varie basiliche del nord Italia.
Ha tenuto circa cento mostre personali: tra le più recenti al Musée Suisse du vitrail a Romont all’ Aeroporto Kennedy di New York, l’antologica alla Rocca Paolina di Perugia e al Museo dell’Opera del Duomo a Prato.