Mi chiedono in tanti come sia possibile che un economista (o uno con studi di economia sulle spalle) possa votare M5S/Grillo. Come è possibile essere a favore della fuoriuscita dell’Euro? Come è possibile spalleggiare un populista che vuol regalare a tutti il reddito di cittadinanza senza preoccuparsi di come finanziarlo? Come è possibile essere d’accordo sulla riforma delle pensioni di Grillo (introdurre forchetta pensione minima/massima per tutti… quoque tu, Salerno, che scrivi di pensioni da una vita)? Come è possibile credere a chi vuol radere al suolo attuali vertici e governance di Eni, Enel, Telecom, Cddpp, etc., senza far differenza tra assetti proprietari (privati e pubblici) e soprattutto senza proporre nulla di chiaro a riempire i vuoti. L’elenco è lungo, e potrei continuarlo da solo senza essere aiutato: cancellare i sindacati con un articolo di legge, impedire i controlli sui redditi, fare marcia indietro sulle riforme dei servizi pubblici locali, etc. etc..
Perché ho votato Beppe Grillo
Bene, niente di tutto ciò. Il mio voto non si regge su nessuno, o quasi nessuno, dei punti del programma economico del M5S. Quasi tutte le proposte di politica economica di Grillo sono impraticabili, utopistiche o addirittura dannose. Il miglior programma economico era, a mio modo di valutare, quello di Fare per Fermare il Declino: dettagliato, trasparente, totalmente scevro da populismi, responsabile nel considerare le compatibilità finanziarie, con impegni inequivocabili, una proposta concreta per ognuno degli snodi strutturali aperti da venti anni e più. Avessero potuto raggiungere una soglia sufficiente per portare avanti il programma e far percolare le loro idee, avrei votato FiD sia alla Camera che al Senato. L’ho fatto solo alla Camera, il mio è stato un voto disgiunto. Al Senato ho preferito dare il voto a chi, in mancanza di correttivi precisi e praticabili alla linea di politica economica, poteva portare una scossa. Il senso della mia croce sul simbolo di Grillo è questo. Un voto “muscolare”, come quello a FiD è stato un voto col “cervello”, per le idee.
Grillo e il Pd
Io ritengo M5S la coscienza sporca del Pd (PdL essendo fuori concorso quanto a coscienza, un outsider). Doversi confrontare con loro sarà, per il Pd, come andare in terapia dall’analista. Bisogna solo capire se terapia freudiana, per portare alla luce i venti anni di “amore e sesso clandestino e contro natura” con il PdL. Oppure se terapia junghiana, per fare i conti con tante “esperienze di gioventù” non ancora sufficientemente elaborate, e con molti aspetti irrisolti della natura politica e partitica.
Grillo e la pancia del Paese
M5S rappresenta la pancia e le budella del Paese, in subbuglio dopo venti anni di non governo, di perdite di tempo, di mezze misure. Adesso pancia e budella ce le abbiamo davanti tutti, non è più necessario fare ipotesi su quanti sono, fin dove vorranno arrivare, quale livello di esasperazione e di irrazionalità si trascinano dietro. Il burrone è lì, visibile a tutti, anche al più miope, anche al più ottimista attivista del Pd.
Chiedo a voi: era preferibile che queste sacche di insofferenza e di malcontento, diffuse dappertutto senza steccati geografici e trasversali alle età ma con forte componente giovanile, rimanessero sommerse a covare? Era preferibile che lo sfogo avvenisse nelle piazze, con possibili degenerazioni ed escalation di durezza?
Io l’ho pensata diversamente: meglio che tutto venga fuori, e che tutto si incanali democraticamente nel percorso parlamentare. Meglio tenere il Parlamento al centro. La società civile e i movimenti che entrano nelle Istituzioni è una novità assoluta in Italia. Il Paese e il suo modo di far politica non saranno più gli stessi da ora in poi.
La stabilità a rischio?
Tanti, quasi tutti, mi stigmatizzano per non aver pensato col mio voto alla stabilità del Paese. Secondo me è stabilità anche includere la protesta nei canali istituzionali e dialogarci. E a coloro che da anni chiedono che non si pensi solo alla stabilità finanziaria e il rigore non sia cura più dannosa del male, dico anche che questa è una occasione di gettare presupposti di stabilità, stabilità politica e sociale. Una occasione, non un fatto già automaticamente acquisito. Bisogna saperla capire, gestire e mettere a frutto. È un compito difficilissimo. Molto più comodo sarebbe stato per il Pd avere carta bianca e vincere facile come alle sue primarie interne. Troppo facili, quelle, per essere vere. Non ho voluto, col mio voto, che questo accadesse. Non c’è niente di facile nei tempi che stiamo vivendo.
Il programma grillino
Ma torniamo al programma di Grillo, da cui ho già preso le distanze (non è questa la cifra, non è questa la forza che mi interessa in M5S). Se si analizzano i punti, di là dai toni radicali, minacciosi, da giudizio universale michelangiolesco con resa dei conti, se i punti si analizzano alla radice, appaiono (così almeno a me) come tentativi convulsi, primitivi, semplicistici e anche spacconi di dare risposte rapide a problemi ormai endemici dell’Italia.
Il ruolo della politica
La politica non ha svolto, per tanti troppi anni, il suo ruolo di mediazione tra la gente, le Istituzioni e le scelte, e questo è il risultato: le richieste stanno sfondando dal basso, stanche di aspettare qualcuno che le capisca, le raccolga rapidamente (adesso il rapidamente significa subito), e prospetti per loro una soluzione praticabile e sostenibile. Il raccordo tra i bisogni e le Istituzioni, tra le aspirazioni della gente e la scrittura delle riforme, non ha funzionato. E senza una discontinuità politica non vedevo, io, presupposti perché improvvisamente la separazione tra Paese partitico e Paese dei cittadini si risolvesse.
Le pensioni
Gli esempi possono esser tanti. Prendiamo le pensioni. L’idea primitiva di Grillo va necessariamente tradotta. La sua “pensione minima per tutti” non è sostenibile, mentre la pensione massima (di fatto un taglio dei benefici rispetto alla storia contributiva) genererebbe presto effetti negativi sull’offerta di lavoro, sulla produttività, sull’evasione/elusione contributiva. A Grillo andrebbe spiegato che lo stesso obiettivo va perseguito estendendo a tutti e velocizzando il criterio di calcolo contributivo nozionale delle pensioni, e allungando l’età di pensionamento in maniera flessibile. Gli andrebbe detto che la pensione minima per tutti è di fatto un reddito di cittadinanza (non a caso altro punto del programma M5S) che, per essere sostenibile, deve possedere necessariamente un’elevata selettività, altrimenti vendiamo fumo. Gli andrebbe spiegato che è tutto il nostro welfare ad avere bisogno di selettività, strumento indispensabile per coordinare nel tempo la domanda di prestazioni con i vincoli di bilancio. Perché porto questo esempio? Perché per il Pd sistemazione del capitolo delle pensioni e selettività a tutto tondo del welfare restano due argomenti indigesti. Si chiarisca le idee adesso che non ha monopolio autoreferenziale in Parlamento.
Il mercato del lavoro
Sul mercato del lavoro. Tra il Pd trattenuto sulle posizioni della Cgil e il M5S che chiede assegno triennale per tutti i disoccupati (dove mai andremmo a recuperare risorse, bho!), forse le riforme alla Ichino o alla Boeri cominceranno a sembrare un buona via di mezzo, magari coordinate con la ristrutturazione selettiva del welfare.
Cassa Depositi e Prestiti e fondazioni bancarie. Vuoi vedere che adesso si muove qualcosa anche su quest’altro chimerico fronte? Pd finora con troppo contrasto di interessi (udite udite!) sul tema per puntare a riforme vere.
Gli esempi possono continuare. In venti anni non ho mai visto il Pd sbracciarsi più di tanto per la riforma del sistema di finanziamento pubblico dei partiti, o per la riforma del finanziamento dell’editoria. Vediamo adesso che cosa fa. Per non parlare della legge del conflitto di interessi, che al Pd è piaciuto rimandare alla calende greche. Vediamo se è ancora possibile posticipare, sotto gli occhi del M5S.
Questi punti, uniti alla nuova legge elettorale e alla riduzione del numero dei politici e degli amministratori a Roma e negli Enti Locali, possono essere una base di partenza per una agenda delle riforme Pd-M5S. Magari riuscissero in qualche mese a darci una legge elettorale nuova. È il punto di avvio del processo democratico. Se è falsata la legge elettorale, tuto il resto si complica a catena.
Scossa al Pd
Io ho votato per dare una scossa al Pd. Per far sentire al Pd il fiato della gente sul collo. Ho votato per concorrere a spostare l’asse del Pd e per avere un Parlamento più capace di specchiare la realtà del Paese. Per immettere concorrenza nella politica, tra coloro che poi devono decidere delle riforme delle Istituzioni e dei mercati. È lecito utilizzare il voto in questa maniera? È lecito per un cittadino che conta uno “sognare” di incidere?
Volevo mettere il Pd in questa situazione, esattamente nella situazione in cui si trova. Mettergli addosso, in Parlamento, gli occhi di Deputati e Senatori sino a ieri cittadini qualunque come me; mettergli addosso un campione fedele delle difficoltà del Paese.
Concludo con una domanda: Avete la certezza che, in assenza di M5S, il PdL non avrebbe acquistato più consenso e più voti? Se ha fatto presa il populismo di Grillo, questo ci ha anche salvato dalla seconda edizione del “populismo dell’Imu”. Il Pd che preferisce? Misurarsi con le complicazioni del nuovo, o continuare ad avere Berlusconi e il PdL su cui costruire facili e ormai scontate campagne elettorali, che tra l’altro non hanno mai sfondato?
Parola d’ordine: non demonizzare i Grillini, parlarci e guardare avanti!