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Ecco chi sono i favoriti per diventare Papa

Da questa sera, con la prima fumata (nera) prevista attorno alle 20, parla solo il comignolo installato sopra la Sistina. Alle 16.30 i 115 cardinali elettori entrano in processione nella cappella affrescata da Michelangelo, e dall’ “Extra omnes!” in poi sono tagliati fuori dal mondo. A quel punto solo i segnali di fumo, il loro colore, la loro tempistica daranno indicazioni – e scateneranno le illazioni – di fedeli e mass media di tutto il mondo sul primo Conclave dell’evo moderno che si svolge con un Papa (emerito) ancora in vita.

Il favorito 

In Conclave entra favorito Angelo Scola. Se mercoledì dal comignolo uscirà una fumata bianca, probabilmente il Papa sarà lui. Un passato in Comunione e liberazione, marcata anche da una rottura con il fondatore don Giussani nei lontani anni Settanta, e un presente da arcivescovo di Milano, Scola è vicino a Joseph Ratzinger, con cui ha condiviso la linea teologica nella rivista ‘Communio’. Nato a Malgrate, una giovinezza a Milano, è stato ordinato sacerdote a Teramo. Rettore della Lateranense, vescovo a Grosseto, patriarca di Venezia, infine, per volontà di Benedetto XVI, successore di Tettamanzi e Martini a Milano, si è dimostrato buon manager e, tramite la fondazione ‘Oasis’, ha da ultimo ampliato le relazioni internazionali e la dimestichezza con l’inglese, tanto da volare a fine dell’anno scorso a Londra e programmare un viaggio a Washington cancellato dalle dimissioni impreviste di Benedetto XVI.

Le altre preferenze

Con Scola ci sono diversi europei (il francese Vint-Trois, lo spagnolo Rouco Varela, l`olandese Eijk, il croato Bozanic), qualche italiano (Carlo Caffarra in particolare), e forse qualche voce mediorientale. Se al primo voto coagulasse un buon pacchetto di voti, può innescare un effetto calamita che porta velocemente verso di lui tante preferenze da ottenere velocemente l’elezione.
Altrimenti, se si susseguiranno le fumate nere, vorrà probabilmente dire che il papabile italiano non avrà raggiunto la fatidica quota di 77 voti necessari a divenire Pontefice e lascerà il passo ad altre personalità a lui, per certi versi, assimilabili.

Ouellet e Erdo

Forti, in particolare, i nomi del canadese Marc Ouellet (che non voterebbe Scola) e dell’ungherese Peter Erdo (presidente moderato del Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa), capaci, entrambi, di attrarre diversi voti curiali. Forte anche il nome del cardinale austriaco Christoph Schoenborn, allievo di Ratzinger, campione anti-pedofilia, emerso in passato per uno scontro sia con Tarcisio Bertone (con Scola, Ruini, Bagnasco e Meisner chiese a Benedetto XVI di mandarlo in pensione) che con Angelo Sodano (che aveva liquidato le critiche alla Chiesa sulla pedofilia come “chiacchiericcio”). Sebbene non sia scontato vedere un Papa austriaco dopo un Papa tedesco, Schoenborn, apparso in perfetta forma ad una messa celebrata ieri subito seguita da una conferenza stampa, potrebbe attrarre i voti delle anime più critiche del collegio cardinalizio con la Curia romana (America, Germania).

Il brasiliano Scherer

Scola, ad ogni modo, non sarà l’unico a partire con un buon pacchetto di voti. Ai nastri di partenza si presenza anche il brasiliano Pedro Odilo Scherer, arcivescovo di una città immensa come San Paolo, in passato stimato funzionario della congregazione vaticana dei Vescovi. Di origini tedesche, sarebbe il primo Papa sudamericano. Ha il sostegno del cardinale decano Angelo Sodano e di vari nunzi apostolici, ma il perimetro dei suoi voti è più ampio di quello curiale. Se nel collegio cardinalizio spira l’aria di un Papa extra-europeo, però, non è detto che sia Scherer il candidato che può raccogliere i maggiori consensi dei “meridionali” (sudamericani, asiatici e africani). Gli outsider non spiccano, ma non mancano: il messicano Robles Ortega, l’honduregno Maradiaga, salesiano, il colombiano Salazar Gomez, lo srilankese Ranjith, il filippino Tagle, il brasiliano Braz de Aviz, che, a capo del dicastero vaticano dei religiosi, non ha evitato critiche a certi malfunzionamenti della Curia, il carismatico nigeriano Onaiyekan.

Un’intesa del Terzo Mondo?

E’ difficile immaginare un’intesa del “terzo mondo” su un candidato unico, ma i cardinali dei tre continenti dell’America latina (19), Africa (11) e Asia (10) rappresentano, per i ‘king maker’, un appetitoso pacchetto di voti. Si racconta che il cardinale Ruini, che non entrerà in Conclave, abbia contattato diversi asiatici ed africani nel corso del fine settimana. Oggi il cardinale statunitense William Levada è stato avvistato mentre portava a pranzo tre cardinali indiani e un porporato dell’Asia remota.

Gli americani

Sono proprio gli americani il terzo attore che può entrare in partita. Giunti agguerriti a Roma, gli undici cardinali a stelle e strisce sono capitanati dall’arrembante arcivescovo di New York Timothy Michale Dolan. Dovrebbe essere lui il portabandiera al primo scrutinio di domani sera. Se su Dolan convergeranno solo undici voti, la partita degli statunitensi è chiusa. Se invece sin dal primo scrutinio gli americani raccolgono più voti, possono puntare a dar battaglia. Al posto di Dolan potrebbe subentrare Donald Wuerl di Washington o, più probabilmente, il cappuccino di Boston Sean O’Malley, notevole spiritualità, un buon passato da vescovo (a Boston ha ereditato la disastrosa piaga della pedofilia da Bernard Law), apprezzato da diverse anime del cattolicesimo associativo e stimato – con il suo fluente spagnolo e i suoi rapporti con gli ispanici – da diversi cardinali sudamericani. Se non fosse ancora tempo di un cardinale Usa, gli americani potrebbero comunque convogliare i propri voti su un sudamericano o un canadese.
La strategia di Ruini

Sarebbe questa anche la strategia di Camillo Ruini, che preferirebbe Scola ma sarebbe pronto ad abbracciare gli statunitensi. Gli italiani, ad ogni modo, sono divisi, come accadde già in Conclavi passati. Diversi porporati sono ostili a Scola, a partire da Attilio Nicora, che con lui ebbe dissapori in passato, e Tarcisio Bertone. Tutti cardinali che punterebbero a contarsi, al primo scrutinio, attorno ad un nome come quello del lombardo Francesco Coccopalmerio. In seconda battuta, potrebbero convogliare i propri voti su un americano degli Stati Uniti o dell’America latina. Non è escluso, se lo stallo si prolungasse e il collegio cardinalizio prendesse atto di troppe divisioni, che crescessero le quotazioni di un Papa “anziano”, sul modello di Angelo Roncalli. Diversi cardinali, in questi giorni, scrutano l’argentino Jorge Maria Bergoglio, gesuita, unico vero contendente di Joseph Ratzinger nel 2005.

Entro giovedì?

Un cardinale europeo che usciva oggi dalla congregazione generale, ad ogni modo, confidava al cronista che il Conclave non dovrebbe finire prima di giovedì. E il sudafricano Wilfired Fox Napier spiegava che il Conclave “sarà più lungo di quello dell’ultima volta, alcuni giorni. Perché ci sono diversi candidati giovani e dobbiamo esplorare bene le possibilità”. Un papa africano? “Sarebbe bello, ma non so se i tempi sono maturi”.

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