La Corte suprema russa ha confermato la condanna a 11 anni di prigione per l’ex agente di polizia Dmitri Pavlyuchenkov, comminata per complicità nell’omicidio della giornalista Anna Politkovskaya, secondo l’agenzia di stampa Interfax. La sentenza dovrà essere considerata operativa da oggi.
Secondo il verdetto, il ruolo dell’ex poliziotto nell’assassinio della reporter – avvenuto a Mosca il 7 ottobre 2006 – fu quello di seguire la vittima e comprare le armi. Per tenere d’occhio la giornalista, verificarne abitudini e controllare la zona in cui abitava, Pavlyuchenkov usava automobili della polizia e portava con sé dei sottoposti.
La difesa del condannato – che ha confessato di aver partecipato attivamente al piano per uccidere la scomoda giornalista – ha nuovamente chiesto oggi una sospensione di pena, citando la collaborazione con gli inquirenti. Anna Stavitskaya, avvocato dei familiari della vittima, ha invece domandato l’annullamento della sentenza e l’istruzione di un nuovo processo, in modo da poter studiare meglio i fascicoli e cercare di fare luce sull’accaduto tramite i testimoni. L’istanza è stata tuttavia respinta. Viene così confermato un tassello di un quadro sempre molto incerto, e dove soprattutto resta vuota la casella dei mandanti.
Pavlyuchenkov agì nell’ambito di un gruppo d’azione assoldato per l’omicidio della scomoda reporter. Un boss ceceno, Lom-Ali Gaitukayev, è accusato di essere stato l’organizzatore dell’omicidio, reclutando l’ex agente condannato oggi e gli esecutori: tre fratelli ceceni, Rustam, Ibrahim e Zhabrail Makhmudov.
Il primo di questi tre è in carcere, gli altri due sono nuovamente sotto processo dopo che la Corte suprema russa ha chiesto la riapertura del caso, annullando l’assoluzione con cui si era concluso nel 2009 un primo procedimento. Trovati i manovali dell’assassinio, però, sul caso Politkovskaya continua a pesare l’assenza dei mandanti e il totale silenzio delle autorità su questo aspetto.
