Ironia della sorte, potrebbe essere proprio la Rete, che ha visto nascere e contribuito in modo decisivo al successo del Movimento 5 stelle, a “incastrare” Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, costringendoli a un più volte deprecato accordo con il Partito Democratico.
Pierluigi Bersani, durante la Direzione nazionale di ieri, ha svelato gli 8 punti di governo con i quali chiederà alle forze in Parlamento, compreso il M5s, di assumersi le proprie responsabilità e concorrere ad una riforma dello Stato prima di tornare alle urne.
Un compromesso, quello con i democratici (o in alternativa di un governo tecnico), che non potrebbe non passare da una fiducia grillina accordata nelle Camere, un’eventualità smentita dal blogger Claudio Messora, dallo stesso comico genovese e, nelle ultime ore, dal premio Nobel Dario Fo, parso conciliante nei giorni scorsi e ora nettamente contrario a qualsiasi tipo di sostegno ad un governo del centrosinistra.
Le reazioni della Rete all’accordo mancato
Rifiuti “d’autore”, certo, ma che non tengono conto del dibattito che proprio adesso infiamma sul blog di Grillo, dove centinaia di commenti chiedono un epilogo differente da quello prospettato sinora.
“Stiamo tenendo il Pd per le palle – scrive Sergio da Perugia, avvertendo dei rischi di troppo ostruzionismo. Possiamo imporre alcune scelte chiave, se si butta nel cesso l’opportunità di cambiare qualcosa e si incoraggia l’inciucione Pd-l + Pdl, le cui conseguenze pagheremmo tutti, il mio voto e gli altri per i quali mi sono dannato non ci saranno la prossima volta”.
Cesta da Avezzano si chiede: “Ma se Bersani alla fine non accetta una collaborazione col nano (Berlusconi), e se Grillo non accetta una collaborazione almeno su tre quattro punti con gargamella (Bersani), a quel punto secondo voi è ragionevole andare a rivotare con la stessa legge elettorale? Io non lo so… ma non mi sembra un’ottima idea. Voi che ne pensate?”
Ci sono gli incerti, come Mattia, che dice “purtroppo anche io vorrei l’approvazione di anche solo la metà dei nostri cavalli di battaglia, ma il Pd non ha alcuna intenzione di realizzare quei punti”.
Infine ci sono i duri e puri, come Massimo da Milano, che sostiene di trovare “incredibile che ci sia ancora gente che non ha capito. Come può il M5S appoggiare il Pdl o il Pd-l?
Sono passati tanti anni di lotta in cui diciamo che con i partiti è chiusa. Chi pretende che dopo il movimento faccia da stampella al Pd per non farlo estinguere non ha capito niente”.
Il non-statuto indica la strada
Ma a complicare le scelte di Grillo potrebbe essere lo stesso codice etico redatto dal comico genovese, l’ormai celebre “non-statuto”, quell’insieme di regole che avrebbe dovuto decretare in modo incontrovertibile una differenza di metodo rispetto ai processi decisionali presenti negli altri partiti.
Un modus operandi che non prevede riunioni di capigruppo, alzate di mano o “caminetti”, ma che identifica nel giudizio della Rete, e non solo in quello degli iscritti al M5s, l’unico modo possibile per compiere delle scelte.
Una prospettiva, quella di una consultazione popolare su Internet, invocata già da Don Gallo e che come ricordato da Andrea Bassi sull’Huffington Post si riscontra a chiare lettere nell’articolo 4 comma terzo del non-statuto: “Il MoVimento 5 Stelle non è un partito politico né si intende che lo diventi in futuro. Esso vuole essere testimone della possibilità di realizzare un efficiente ed efficace scambio di opinioni e confronto democratico al di fuori di legami associativi e partitici e senza la mediazione di organismi direttivi o rappresentativi, riconoscendo alla totalità degli utenti della Rete il ruolo di governo ed indirizzo normalmente attribuito a pochi”.
Il ruolo di Grillo e dei neoeletti
A far rispettare questo principio devono essere proprio i parlamentari del M5s. Nel codice di comportamento c’è scritto che “sono tenuti al rispetto dello statuto riferito, come non statuto”.
Se venisse meno quest’aspetto si dissolverebbe l’essenza stessa del movimento che, come ricordato più volte da Grillo, è nato sul principio democratico che “uno vale uno” e che tutti sono uguali.
Ora a lui il compito non semplice di dimostrare nei fatti che non solo questo concetto è scritto, ma che nel M5s nessuno, ma proprio nessuno, è più uguale degli altri.