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Il moralismo (senza buon senso) di Grillo

Grazie all’autorizzazione dell’editore e dell’autore, pubblichiamo il commento di Gianfranco Morra apparso sul quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi.

Ma sono veramente cinque le stelle di Grillo? Quattro tutti le vedono. In primo luogo la intransigente protesta. Che lo ha fatto vincere, perché rispondeva allo sbigottimento dei cittadini, doppiamente inviperiti. Con il governo Monti, costretto alla “economia sino all’osso” (come diceva Quintino Sella) per cercare una via d’uscita: con tali sacrifici che l’areoplanino del Professore non poteva decollare (anche Sella, che pur pareggiò il bilancio, dovette fare le valigie).

Ancora più inviperiti sono i cittadini con i principali responsabili dello sfacelo economico del Paese, i due principali partiti che ci hanno lasciato le penne (6 milioni di voti il Pdl, 3,5 il Pd). Gli elettori hanno snobbato i loro discorsi di maniera e hanno preferito gli insulti e le smorfie del Capocomico. Ben vi sta: il trionfo del “Vaffa” era nell’aria ormai da anni e i due Bipolari, invece, hanno continuato col bla bla di sempre.

La seconda stella è il moralismo. Necessaria: senza appello a qualche valore morale, vero o falso che sia, non ci può essere la protesta, che è una “testimonianza a favore” (pro-testor), un dire di no al passato per dire di sì ad un futuro diverso. Grillo, come tutti i profeti, esprime una condanna e un disprezzo, ma anche annuncia un recupero. Altrimenti la denuncia morale sarebbe pura falsità. Le parole “moralismo” e “moralista” hanno entrambi i significati: rispetto intransigente per il dovere e per la giustizia; ma anche opportunistica simulazione. Due semantiche spesso mescolate in politica.

E la terza stella? È il web. Tutti lo usano ma nessuno come Grillo, che ne è specialista e professionista. Col web ha ottenuto rapidamente un popolo, col web ha denigrato tutti, col web ha creato il partito-non-partito, il gregge webbistico che l’etere collega al suo Demiurgo. Ora il web ha pensionato i vecchi partiti, ha banalizzato le idee, ha prodotto la videopolitica. Grillo e la sua Mente Casaleggio ne hanno capito sino in fondo la forza di urto e le capacità eversive.

La quarta stella è l’interesse. Cosa del tutto naturale, non può esistere movimento sociale o politico che non cerchi di affermarsi, di raggiungere il potere e di conservarlo. Anche Grillo deve farlo, ha detto che mira al 100%. Egli non ha creato, come Bossi, un partito regionale, ma nazionale. Ha percorso metà del cammino: divenire, in poco tempo, una forza politica consistente. Deve percorrere l’altra metà: raggiungere quella maggioranza che consente di formare un governo (ha detto: potrei votare solo per un governo del M5S). Ma non è ancora il momento.

Il voto ha prodotto una guerra di tutti contro tutti. V’è tuttavia un punto su cui c’è accordo: che il Parlamento potrà fare solo alcune riforme, più prima che poi si tornerà a votare. Dato il penalizzante risultato elettorale, Ds e Pdl non possono non farle, in quanto i cittadini sono arrabbiati e il “porcellum” manterrebbe l’ingovernabilità. Anche Grillo le vuole, ma senza responsabilità: “Le riforme (dirà) le hanno fatte, ovviamente male, i partiti, non noi”. Ecco perché il M5S sarà presente in aula, votando di volta in volta quanto riterrà più idoneo, ma sarà ancor più assente dall’operazione nel suo complesso, contro il cui esito ha già i cannoni carichi. Le difficoltà aumenteranno, lo scioglimento della legislatura si farà più vicino, un disastro per il Paese, un “tanto peggio tanto meglio” per chi è sulla cresta dell’etere. Grillo, rifiutando il voto ad ogni futuro governo, spera di costringere Bersani a cercare i voti del Pdl, per potere così parlare di inciucio e mostrarsi l’unico diverso e “puro”.

La quinta stella manca: il senso politico. La protesta ha portato a Roma 163 grillini. Non si può partecipare, così numerosi, ad un parlamento, ai suoi organismi e alle sue commissioni, e rifiutarsi di compiere ciò per cui, in una Repubblica parlamentare, un partito esiste: fare le leggi e controllare l’operato del governo, ma prima ancora contribuire, se possibile, a farne nascere uno. Il no aprioristico di Grillo rivela un comportamento non solo populistico, ma antidemocratico: da Arnaldo da Brescia, Masaniello, Ciceruacchio. Non è un politico, ma un tribuno, è rimasto fuori dall’aula “sorda e grigia”, ama gli spazi eterei, ma con il web continua a guidare i suoi manipoli e ad offendere gli altri rappresentanti del popolo. Il buon senso forse non manca fra i suoi eletti: ma avranno la forza di opporsi al Conducator di un movimento “leninista”, privo di ogni garanzia democratica al suo interno, o prevarrà il calcolo della vicina nuova candidatura?


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