Sono ormai trascorsi 11 anni da quel tragico 19 marzo 2002, in cui, all’imbrunire, Marco Biagi venne freddato sotto casa da un commando brigatista, mentre riponeva la bicicletta con cui aveva percorso il tragitto dalla stazione. I suoi familiari lo aspettavano seduti intorno alla tavola apparecchiata per la cena. La moglie Marina (la “madre coraggio” che tutela l’eredità scientifica di Marco e guida la Fondazione a lui intestata) avvertì distintamente il rumore secco dei colpi e, in un attimo, le fu tutto chiaro, perché lei e il marito avevano a lungo temuto il verificarsi di quel tragico evento, dopo aver disperatamente invocato dalle autorità una protezione che veniva ostinatamente negata, nonostante che il professore fosse oggetto di minacce e che il rapporto dei Servizi, reso noto pochi giorni prima, ipotizzasse un attentato ai danni di una personalità il cui profilo era simile a quello di Marco.
Già nei giorni scorsi, il 15 marzo, si è svolta, al Resto del Carlino che ne è il promotore da ben 7 anni, la consegna dei premi intestati a Marco Biagi e rivolti ad associazioni ed operatori nel campo del volontariato. Il giorno precedente vi era stata una commemorazione organizzata dalla Cisl, alla presenza del Magnifico Rettore dell’AlmaMater e di taluni giuslavoristi colleghi di Biagi. Nella settimana entrante si svolgeranno a Modena, presso la Fondazione a lui intestata, e a Roma, su iniziativa di Michele Tiraboschi (allievo e continuatore) alcune iniziative di studio sui temi del lavoro e della previdenza. La ricorrenza dell’assassinio sarà ricordata in una riunione straordinaria del Consiglio comunale di Bologna, insieme ad altre manifestazioni civili e religiose. Probabilmente sarebbero state opportune e gradite alcune parole dedicate a questo eroe civile anche nei discorsi di insediamento dei presidenti delle Camere.
Il fatto che nessuno se ne sia ricordato ha un significato preciso: coloro che vogliono accarezzare i “grillini” per il verso del pelo non possono indulgere a commentare, con le parole benevoli dedicate ad un martire, il lavoro del professore bolognese. Tutto sommato, è meglio così. Negli ultimi anni, da parte del mondo accademico e politico di sinistra, era in atto un’operazione di recupero di Marco. Ovviamente nessuno era disposto a riconoscere la validità delle sue tesi in tema di mercato del lavoro. No. Il tentativo era quello di ricostruire del professore bolognese un’immagine “politicamente corretta”.
Così il mio indimenticabile amico (lo eravamo fin dal lontano 1974) veniva descritto come uomo del dialogo, strenuo difensore dell’articolo 18 dello statuto, ma strumentalizzato post mortem dal governo di centro destra di cui era stato ingenuamente consulente e che non aveva saputo (il che è vero) difenderlo. Ecco, allora, che veniva rivalutato il Libro Bianco del 2001 di cui era stato coordinatore della redazione, mentre gli si negava la paternità della legge che porta il suo nome.
A scanso di equivoci, chi scrive, di Marco ha condiviso il pensiero e ha cercato di proseguire l’opera; intende perciò lasciare delle testimonianze indiscutibili senza fornire proprie interpretazioni, ma dando la parola a lui stesso. Scriveva Biagi sul Sole 24 Ore del 5 maggio 1997: “Contando sulla possibilità di poter ridurre più agevolmente la forza lavoro, si assumerebbe di più. Questo è il vero incentivo, come tante ricerche condotte dalla Commissione europea hanno dimostrato. Nessuno pensa di reintrodurre il recesso ad nutum, ma una nuova ipotesi di flessibilità contrattata. Una formula ragionevole su cui lavorare è quella del recente accordo tripartito spagnolo. Sperimentare un nuovo tipo di contratto a tempo indeterminato per i neoassunti fra certe categorie (giovani, disoccupati di lungo periodo o di età superiore ai 45 anni, invalidi, titolari di precedenti rapporti precari) che potranno essere licenziati a fronte della corresponsione di indennità predeterminate con certezza quando la causa di recesso risulti ingiustificata. Le integrazioni potrebbero essere due: la previsione nei confronti collettivi (anche aziendali) di tipologie di recesso (restando quelle previste per legge in caso di assenza di previsioni contrattate) e l’introduzione di forme conciliative e arbitrali, eventualmente gestite anche dagli enti bilaterali, forse l’esperienza più significativa di microconcertazione. Sperimentare queste soluzioni appare ormai una scelta obbligata, sempre che le parti sociali abbiano anche in Italia la necessaria determinazione”.
Da allora è trascorso un quarto di secolo, ma il problema di una maggiore flessibilità in uscita è ancora lì sostanzialmente irrisolto, anche dopo la legge Fornero. E le terapie di Marco sono tuttora le più innovative e ragionevoli. Ma non sarebbe possibile ricordare Marco senza pubblicare il suo testamento spirituale, quell’articolo da lui stesso definito “l’editorialino” che uscì sul Sole 24 Ore due giorni dopo la sua uccisione. Gli studenti negli Usa mandano a memoria il discorso di Lincoln a Gettysburg. Se mai un giorno si dovesse fare un’azione analoga in Italia, pochi altri testi presenterebbero la drammaticità profetica e consapevole di una persona conscia del suo imminente destino ma decisa ad andare fino in fondo. Grazie Marco.
Il testamento spirituale di Marco Biagi
IL DADO È TRATTO: MODERNIZZAZIONE O CONSERVAZIONE?