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Lo strano caso della maxi multa Ue a Microsoft

La Commissione europea ha deciso di comminare a Microsoft una maxi multa da 561 milioni di euro, per non aver rispettato gli obblighi che le erano stati imposti sulla necessità di garantire possibilità di scelte agli utenti sui browser da utilizzare per la navigazione su internet. È la prima volta che la Commissione multa un’azienda per il non rispetto degli obblighi. “Si tratta di una violazione gravissima”, ha commentato il commissario europeo alla Concorrenza, Joaquin Almunia: “Nel 2009 abbiamo chiuso la nostra indagine per sospetto di abuso di posizione dominante da parte di Microsoft, visto il legame tra Internet Explorer e Windows, dopo aver preso atto degli impegni dell’azienda. Gli impegni vanno ovviamente mantenuti: se vengono disattesi si verifica una seria violazione che deve essere sanzionata proporzionalmente”, ha spiegato il commissario Almunia. E quando questo non avviene, aveva ricordato lo stesso commissario, le norme Ue prevedono la possibilità di comminare multe che possono arrivare sino al 10% del fatturato annuo.

Un’anomalia

La multa che la Commissione europea ha inflitto oggi alla Microsoft non è rilevante solo per il suo cospicuo ammontare (561 milioni di euro, pari a circa l’1% del fatturato annuale della società). Oltre al fatto che è la prima volta che un’impresa non rispetta gli impegni giuridicamente vincolanti che si era assunta nel quadro di una procedura antitrust di Bruxelles per rimediare a un abuso di posizione dominante, la vicenda ha fatto emergere un’anomalia nel modo in cui i servizi della Concorrenza della Commissione hanno gestito il caso, affidando allo stesso controllato – Microsoft – il monitoraggio del rispetto dei suoi impegni. Con il risultato che quegli impegni non sono stati rispettati, anche se in questo caso non è provata l’intenzionalità dell’omissione (Microsoft parla di un errore) E’ un’anomalia (Almunia, l’ha definita “un’ingenuità”) che non ci si aspetterebbe mai di riscontrare nei ben oliati meccanismi di un sistema, quello dell’antitrust europeo, che funziona piuttosto bene, è rispettato e temuto dagli Stati, dai mercati e dalle imprese, comprese le onnipotenti multinazionali. La vigilanza sul rispetto della concorrenza è forse (insieme alla politica monetaria affidata alla Bce) il settore in cui i paesi membri hanno demandato più competenze e un potere pressoché incondizionato a un’istituzione Ue.

La vicenda

Nel dicembre 2009, sotto pressione da parte della Commissione, si era impegnata a fornire agli utenti del proprio sistema Windows la possibilità di scegliere agevolmente quale navigatore usare, con una opzione facilmente selezionabile sullo schermo del computer, invece di ritrovarsi installato d’ufficio Internet Explorer, il ‘browser’ della stessa società di Redmond. Il controllo del rispetto di quest’impegno, come oggi ha spiegato Almunia, era stato affidato a un ‘monitoring trustee’ che doveva inviare rapporti periodici a Bruxelles. “Purtroppo – ha riferito il commissario – quest’organismo di monitoraggio non si è accorto che, fra il mese di maggio 2011 e luglio 2012, una nuova versione di Windows (il servizio Multipack 1 di WIndows 7, ndr) è stata diffusa sul mercato senza l’opzione di scelta del navigatore” che Microsoft aveva invece inserito negli altri prodotti. A causa di questa omissione, “per 14 mesi, 15,3 milioni di utenti non hanno avuto l’opzione di scelta” che era stata garantita dall’azione antitrust della Commissione.

Ma chi era questo ‘monitoring trustee’ così distratto e poco professionale da non accorgersi di una cosa tanto evidente? Risposta di Almunia: “In questo caso, e probabilmente non avverrà più in futuro, il controllo era stato affidato alla stessa Microsoft. Forse allora eravamo più ingenui di oggi. La decisione – ha aggiunto il commissario – è stata presa nel dicembre 2009”.
Almunia si è fermato qui, ma va ricordato che nel 2009 il commissario alla Concorrenza non era ancora lui, ma la sua collega olandese Neelie Kroes, oggi responsabile delle Tlc e dell’Agenda digitale. Il commissario, comunque, ha assicurato che errori come questo non si ripeteranno, che i controllori d’ora in poi non saranno più gli stessi controllati, e che questi ultimi avranno comunque obblighi più precisi di monitoraggio attento dell’attuazione dei propri impegni.

L’assunzione di responsabilità

Microsoft si è assunta “piena responsabilità” per gli errori che hanno portato la Commissione europea a infliggere la maxi multa da 561 milioni di euro. “Ci assumiamo piena responsabilità per gli errori tecnici che hanno causato il problema e ci scusiamo”, si legge in una nota di Microsoft, che precisa di “avere fornito alla Commissione una valutazione completa e candida della situazione”. Il colosso di Redmond, nello stato di Washington, ha inoltre precisato di “avere compiuto i passi necessari per rafforzare il processo di sviluppo dei software e altre procedure in modo da evitare questo errore, o altri simili, in futuro”. Ma il commissario Ue alla concorrenza era stato chiaro fin da ottobre, sottolineando la sua intenzione di inviare un ”avvertimento serio”: le soluzioni consensuali delle controversie ”funzionano solo se le società rispettano gli impegni presi”.



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