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Il Centro è morto? Viva il Centro (ma senza Monti)

In questi giorni si è aperta una discussione politica sui destini del centro. Il dibattito è nato con un editoriale di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere seguito dalla replica di Mario Monti. La leadership del professore è citata in giudizio, insieme alla serie di possibilità che non ha portato alcun risultato. D’altronde, Monti stesso non nasconde di aver mancato l’obiettivo, sebbene neghi che sia dipeso dall’insufficienza di una guida efficace del movimento. Una precisazione curiosa, quest’ultima, giacché Italia Futura lamenta un suo spazio, schiacciata da ingombranti figure mediatiche come Oliviero e Mauro, e dappertutto regna il caos.

Il progetto Scelta Civica, in realtà, è fallito elettoralmente, e la presenza consistente in Parlamento del M5S rende superfluo perfino quel rispettabile 10%. Non importa a nessuno sapere quale potere possano avere gli uni e gli altri nel piccolo recinto che è stato conquistato, ma valutare bene se il progetto come tale abbia senso. E tale sforzo non serve a nulla senza il ripensamento pubblico degli ideali di partenza.

Io sono convinto, a parlar chiaro, che una politica di centro possa avere un avvenire, magari già alle prossime elezioni, ma a due condizioni precise.

In primo luogo, con una leadership nuova. Non si tratta di rottamare o escludere qualcuno, ma prendere atto che è urgente avere una personalità che direttamente possa rappresentare una parte reale di nazione e sia in grado di raccogliere voti sul territorio con intelligenza, efficacia comunicativa e fare giovanile. Monti stesso sa bene che non può essere lui. Benché, infatti, non si possa sostituire l’assenza d’idee con una leadership frizzante, nell’era delle telecomunicazioni è indispensabile avere una guida che sappia trasferire con forza il messaggio politico all’opinione pubblica, stabilendo un contatto di simpatia con la gente. Non è necessario un genio della comunicazione, ma una persona perbene, dinamica e convincente. Basta pensare al rapido successo di Renzi per capire che non è impossibile nasca in poco tempo una figura di questo tipo.

In secondo luogo, è importantissimo che l’area di centro abbia una sua identità ideologica e sia una formazione omogenea e organizzata. In Scelta Civica ci sono troppi interessi divergenti, troppi personalismi e troppi desideri di affermazione individuale che ne frenano la popolarità.  L’idea del Partito dei carini e della politica giocattolo deve essere sostituita con un piano di lavoro autenticamente condiviso e radicalmente democratico. Per farlo bisogna che la matrice concettuale sia chiara, orientata a una partecipazione popolare e rivolta all’elettorato “normalmente” cattolico, in concorrenza con il Pdl e alternativo alla sinistra. Come scelta civica oggi c’è già Grillo; manca invece un partito di governo vero e proprio. Occorre, dunque, disinteressarsi alle alleanze parlamentari e lavorare fin d’ora per le prossime elezioni, catturando il consenso interno di quella parte di elettorato che vuole meno sinistra e auspica di trasferire il proprio voto da Berlusconi e Grillo a una moderna formazione politica.

La lezione delle scorse votazioni è stata chiara. Agli italiani dei destini di Italia Futura, di Monti e di sant’Egidio interessa poco. Se Squinzi ha ragione, per noi potrebbe non esserci un domani. Avere a diposizione, invece, una nuova proposta per l’Italia è utile e vincente. Purché il progetto sia cattolico, liberale, riformatore e in competizione con il Pd. 

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